Torino, Gazzi: "Vogliamo la salvezza. Calcioscommesse.." - Calcio News 24
Connect with us

2012

Torino, Gazzi: “Vogliamo la salvezza. Calcioscommesse..”

Avatar di Redazione CalcioNews24

Published

on

torino ifa

TORINO GAZZIAlessandro Gazzi crede nel progetto del Torino, ma non punta più in alto della salvezza. Il centrocampista granata, intervistato da Tuttosport, ha parlato del momento della squadra piemontese e della vicenda calcioscommesse, che sta per conoscere un nuovo ed altrettanto triste capitolo: quello del fronte combine a Bari e che potrebbe vedere coinvolto proprio Gazzi.

Gazzi, utilizzando un linguaggio a lei caro, essendo un appassionato di musica, il vero Torino è quello che ha suonato l’Atalanta oppure quello che è finito suonato domenica?
«La verità sta nel mezzo. E soprattutto nell’analisi di tutte le sette partite che finora abbiamo disputato. Concentrarsi sulle ultime due partite darebbe un giudizio parziale. E’ evidente che la sconfitta casalinga contro il Cagliari rimanga maggiormente impressa nella mente, perché è fresca e forse pure inaspettata. Però bisogna essere realisti e con i piedi per terra: la nostra stagione sarà di sofferenza, sarà molto dura. Non ha senso parlare di altro che non sia la salvezza».

Ma il percorso compiuto dai granata finora, a livello di risultati, è soddisfacente?
«In sette partite abbiamo raccolto nove punti, che poi diventano otto perché abbiamo il -1 di penalizzazione. Credo che avremmo potuto averne almeno due in più in classifica: perché se almeno una delle tre traverse contro l’Udinese si fosse trasformata in gol, nessuno avrebbe potuto dire che non avremmo meritato la vittoria. Sono punti che pesano, perché anche uno solo potrà fare la differenza, alla fine».

L’ambiente è passato dall’esaltazione di Bergamo a un brusco ritorno alla realtà.
«Io, per predisposizione caratteriale, cerco di isolarmi da ciò che c’è intorno, provando a farmi scivolare via giudizi, commenti, gli umori della piazza. E’ il mio modo di essere: dobbiamo andare avanti, concentrati, come stiamo facendo».

E’ un gruppo a cui dare fiducia?
«Certo, altrimenti non sarei nemmeno venuto a Torino se non avessi creduto profondamente nel progetto e nel gruppo. Il nucleo che ha ottenuto la promozione in serie A adesso ha stimoli ancora maggiori: insieme a loro, noi nuovi vogliamo dimostrare il valore di questa squadra».

Che è?
«All’altezza di raggiungere l’obiettivo. La serie A, dunque il mantenimento della categoria, è il bene più prezioso che ha il Torino. Noi lo difenderemo con le unghie e con i denti, sapendo che non sarà semplice. Ma a tutti i costi difenderemo ciò che i compagni, nella passata stagione, hanno conquistato».

Cosa serve per farcela?
«Gli ingredienti sono quelli di sempre: rabbia agonistica, voglia di crescere di settimana in settimana, non mollare e metterci il cuore. Sempre».

I suoi marchi di fabbrica.
«Dico spesso che, non avendo un talento tecnico eccezionale, devo compensare con altro: sudando, correndo, impegnandomi come un matto».

Tutte caratteristiche amate dai tifosi.
«Il mio rapporto con il tifo non è particolarmente intenso. Non per altro, è una questione semplicemente di carattere: sono riservato e introverso, cerco di apparire il meno possibile. Mi faccio sentire in campo, non con le parole».

Ma se il Torino fosse un genere musicale, cosa sarebbe?
«Impossibile accomunare due realtà così diverse. Piuttosto si può articolare un altro tipo di ragionamento».

Cioè?
«Lo dico, anche se sono granata da pochi mesi: noi, in quanto giocatori del Torino, dobbiamo essere come una rock band attuale. Dobbiamo suonare una musica che sia originale, alternativa, all’avanguardia. Però non possiamo prescindere dal passato, che è così grande: e allora dobbiamo avere un sound nuovo, ma con contaminazione delle radici, dei grandi classici. Una rielaborazione, in chiave moderna, di ciò che è stato. Sarebbe anche un modo per far sì che la storia diventi per noi una spinta e non un peso».

E’ turbato da Scommessopoli?
«Preferisco non parlarne. Posso solo dire che sono molto amareggiato, perché vedo il mio nome e il mio cognome accostati a vicende così squallide. Se proprio dovrò esprimermi sull’argomento, lo farò solo con chi di dovere, al momento opportuno».