2013
Verona, Mandorlini: «A Roma con rispetto, siamo da salvezza»
VERONA MANDORLINI MILAN PALERMO ROMA – Andrea Mandorlini ha fatto capire che l’ottimo avvio stagionale del suo Verona, che ha sconfitto il Palermo in Coppa Italia, e soprattutto il Milan all’esordio in campionato, è stato sicuramente inaspettato. Il tecnico della formazione scaligera, intervistato dai colleghi del Corriere dello Sport, ha ammesso che non ci sarà spavalderia nell’affrontare la Roma, prossima avversaria all’Olimpico del Verona, alla seconda giornata di campionato: «Andiamo all‘Olimpico per affrontare la Roma con umiltà e rispetto. Come sempre. Mi sarei accontentato di qualcosa in meno… Speravo in una buona partenza, ma non pensavo di poter battere Palermo e Milan. Il Palermo parte favorito per la promozione in Serie A, il Milan non ha bisogno di presentazioni. La Roma fa paura? Tanto, tantissimo… È cambiata molto, si è rinforzata ancora di più con Ljajic e Strootman. E poi nella Roma gioca ancora l’unico vero fuoriclasse rimasto nel calcio italiano, Francesco Totti.»
OBIETTIVO SALVEZZA – Mandorlini non vuole fare grandi proclami per la stagione del Verona, facendo capire che l’obiettivo primario resta la salvezza, magari tranquilla: «Vogliamo conquistare la salvezza prima possibile. Non bisogna mai perdere la bussola in un mondo che riserva sempre brutte sorprese. L’assetto societario è giovane, anche io devo diventare più esperto nella massima categoria. Obiettivi personali? Quella di Roma sarà la panchina numero cinquecento. Mi auguro di collezionarne ancora altrettante.»
NO AL RAZZISMO – In chiusura dell’intervista, Mandorlini è tornato anche sul tema del razzismo, che lo ha costretto a più di uno stop durante gli ultimi anni di carriera, funestandolo anche nei rapporti con altre tifoserie del Sud: «Mi piacerebbe fare chiarezza, una volta per tutte, che non sono affatto razzista. Anzi. Io ho avuto un fratello adottivo, di origine marocchina, che ha vissuto con me, con la mia famiglia. L’avevamo ribattezzato Ceres, come la birra, perchè aveva un nome impronunciabile… Adesso non c’è più. Lui e Paolo mi hanno lasciato a poco tempo l’uno dall’altro, nello stesso tragico modo. Ho due figli, ho insegnato loro rispetto e tolleranza. Nella mia carriera ho sempre dovuto lottare. Non ho mai fatto polemiche, ho capito subito che solo il lavoro e la buona volontà portano frutti concreti. Le mie reazioni? Sono anche stato insultato, picchiato negli spogliatoi, mi sono state recapitate pallottole a casa… Possono essere giuste queste cose? Se ho parlato in un certo modo è stato per difendere i miei giocatori e le società per cui lavoravo.»