La fine di un'idea? - Calcio News 24
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2014

La fine di un’idea?

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Il Cagliari esonera Zeman e scrive probabilmente l’epilogo di una dottrina

Il Cagliari Calcio comunica che da oggi Zdenek Zeman lascia la guida tecnica della prima squadra. La Società ringrazia il tecnico e tutto il suo staff per il lavoro svolto in questi mesi con grande professionalità e dedizione”. E’ con questo comunicato ufficiale, piuttosto freddo, che il Cagliari dà l’addio a Zeman dopo soli quattro mesi e probabilmente pone una pietra definitiva su una certa idea di calcio.

UN CALCIO SUPERATO? – Probabilmente sì. Occorre una premessa: chi vi scrive è da sempre uno zemaniano convinto. Non più oltranzista: è bene rivedere alcune posizioni quando i riscontri della realtà ti sbattono in faccia qualcosa di decisamente diverso da quanto hai sempre ipotizzato. E dunque allo stesso tempo si può restare fedeli ad un’idea – quella di affermarsi imponendo la propria proposta calcistica all’avversario – e ad alcune sacrosante battaglie che il boemo ha condotto a titolo personale, riconoscendo però lo stato dell’arte. Il problema in tal senso, se non per i tifosi del Cagliari, non è la classifica: Zeman un vincente non lo è mai stato. La questione invece riguarda proprio il suo modello di calcio: riconoscibile (troppo), oramai prevedibile (troppo), equilibrato (troppo poco) ed in fin dei conti superato.

L’ESPERIENZA SARDA – Conferma arrivata puntualmente in questi quattro mesi di Cagliari e non dai numeri, che sono quelli soliti: attacco da centro classifica e terzultima fase difensiva del torneo, non a caso la squadra si ritrova al terzultimo posto anche in termini di posizione. La questione è strettamente legata al gioco, sulla carta il punto forte di Zdenek Zeman: il suo Cagliari però nell’intero girone di andata ha espresso soltanto a tratti il calcio armonioso che tutti abbiamo conosciuto, quello del rapido sviluppo sulle corsie laterali, dell’avvolgimento dell’avversario, dell’esaltazione dei movimenti senza palla, degli inserimenti letali dei mediani, del baricentro alto, dell’esuberanza della giovinezza. Poco di tutto ciò. Le ragioni? Le abbiamo parzialmente anticipate: il marchingegno è diventato prevedibile. Mi ha colpito in tal senso l’imbarcata casalinga subita dalla Fiorentina: a Montella è bastato abbassare di qualche metro il fulcro della sua squadra aspettando l’avversario quasi al limite della propria area di rigore, rubare palla in quel frangente e percorrere metri di campo con due soli passaggi in verticale. Il tutto effettuato con preoccupante semplicità, immediatezza e ripetitività.

IL FUTURO – Quello di Zeman è difficilmente decifrabile: se abbiamo già in passato ipotizzato la fine naturale di un percorso a determinati livelli, poi invece la chiamata di una squadra dalla massima serie è sempre arrivata. Le sensazioni questa volta raccontano di un epilogo probabilmente diverso ma mai dire mai, lo insegna la storia. Può morire un’idea? All’ordine del giorno c’è invece quello del Cagliari: Zenga (favorito), Zola e Reja i nomi sul tavolo della dirigenza ma andiamo oltre. Chiunque approderà sulla panchina sarda ha in primo luogo il compito e dovere di rilanciare la squadra sotto il profilo dell’entusiasmo: nulla è giocoforza precluso quando manca più di mezzo campionato ed i punti da recuperare sul quartultimo posto sono appena tre. Certo, non sarà semplice considerando che nessuno è disposto a giocare il ruolo della vittima sacrificale, ma l’organico non è di scarso livello: probabilmente manca qualcosa dietro e la non compensata cessione di Astori ha aperto qualche ulteriore crepa nella tenuta complessiva, ma il centrocampo abbina esperienza (Conti) a dinamismo (Ekdal, in grande crescita) e gioventù (Crisetig, Joao Pedro e Donsah su tutti). In avanti non c’è alcun bisogno di sviolinate per certificare come il livello non sia affatto da zona retrocessione: lavoro per il nuovo tecnico. Ma si parte da un buon materiale di base.