Torino News
Selvaggi sul Torino: «Vlasic leader vero, ma il club ha perso ambizione. Cagliari? Partita tra squadre caratterizzate da questo. Derby? Il gap c’è sempre stato, ma prima c’era…»
Selvaggi sul Torino: l’ex Campione del Mondo del 1982 ha parlato a Tuttosport facendo una lunga analisi della sua ex squadra
Campione del Mondo nel 1982 e protagonista di due stagioni intense in maglia granata tra il 1982 e il 1984, Franco Selvaggi ha parlato a Tuttosport del momento attuale del Torino.
Un’analisi schietta, senza sconti, tra presente e passato, nella quale l’ex attaccante non nasconde il proprio affetto per i colori granata, ma allo stesso tempo evidenzia limiti strutturali e mancanza di ambizione.
VLASIC – «Nel Toro di quest’anno c’è uno davvero bravino che mi piace tanto: si tratta di Nikola Vlasic. Il croato con le sue giocate accende sempre la manovra e ispira tutte le trame offensive dei granata. Adesso poi ha iniziato a segnare pure con una certa regolarità, diventando il leader tecnico della squadra».
TORINO-CAGLIARI – «Si affrontano due formazioni caratterizzate da numerosi alti e bassi. Entrambe stanno cercando un po’ di continuità: sabato una vittoria può aiutare in tal senso per provare a darsi una mossa in classifica e tentare il salto di qualità».
UN TORO SENZA AMBIZIONI – «Il Torino non è più quello di una volta. Ormai fa un campionato a salvarsi, niente di più. Mancano ambizioni importanti al club: i granata fanno il compitino e al massimo arrivano a metà classifica. Capisco la delusione dei tifosi: anche quest’anno si sta ripetendo lo stesso copione di una stagione anonima. Siamo alle solite…».
COSA SERVE – «Servono maggiori ambizioni societarie. Nessuno chiede al Torino di vincere, ma almeno di competere per un posto in Europa. E magari vincere ogni tanto qualche derby non sarebbe male: non è possibile averne conquistato uno solo negli ultimi 30 anni. Ai miei tempi diventavamo matti se perdevamo contro la Juve, adesso è una triste consuetudine».
I MIEI DERBY – «Ho giocato quattro derby e ho segnato in due, ma soprattutto ne ho vinti tre. Quella Juventus era uno squadrone: sei Campioni del Mondo più Platini e Boniek, eppure con noi soffrivano sempre. Il gap tecnico c’è sempre stato, ma il mio Toro aveva un’anima ed era pieno di giocatori italiani attaccati alla maglia. Non come adesso, che è zeppo di stranieri che non sanno nemmeno cosa significhi la storia di questo club».
UNA MAGLIA SPECIALE – «Mi sono bastati due anni per legarmi in maniera indissolubile al Toro. Questa maglia non è come le altre: rappresenti un popolo e la sua storia. Ti entra nel cuore e nelle vene. Io, per non tradire il Torino, ho perso anche tanti soldi».
IL NO AL NAPOLI – «Nella primavera del 1984 rifiutai il Napoli, che poi avrebbe preso Maradona. Juliano mi chiamava tutti i giorni, ma io non volevo lasciare il Toro. Poi mi infortunai e la mia storia in granata finì comunque. Peccato: eravamo in lotta con la Juve e potevamo arrivare molto in alto».
CAMPIONATO EQUILIBRATO – «Non c’è una vera corazzata. Forse l’Inter ha qualcosa in più, ma vedo grande equilibrio. Proprio per questo è un peccato che il Torino non sia in lizza per un posto in Europa: basterebbe davvero poco».
LEGGI ANCHE – Ultime notizie Serie A