Disastro europeo: tornare alle origini? - Calcio News 24
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2012

Disastro europeo: tornare alle origini?

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Un punto in due partite: questo quanto fruttato al Milan di El Shaarawy e Constant il doppio confronto con il Malaga, ottima squadra ma non proprio una corazzata del calcio europeo. Gli entusiasmi accesi dalla goleada sul Chievo si sono puntualmente infranti contro la maggiore qualità delle squadre europee, capaci ormai di mettere costantemente in difficoltà le nostre rappresentanti. In Europa vinciamo a fatica, quando riusciamo a farlo: prendere atto del fatto che abbiamo perso caterve di posizioni nella gerarchia continentale per club, aiuterebbe a risalire la china o, perlomeno, ad arrestare l’emorragia (del coefficente Uefa, in caduta libera). Si continua invece a giocare con la presunzione dei più forti, la stessa messa in mostra dalla Juventus due settimane fa in Danimarca: siccome però non siamo più i migliori e già da un pezzo, eccoci collezionare brutte figure a profusione mentre gli altri, Germania in testa, riorganizzatisi per tempo cominciano a raccogliere i frutti di politiche federali lungimiranti e di oculate amministrazioni societarie. Il Borussia Dortmund che stoppa il Real Madrid insegna: il vivaio della Westfalia ha prodotto colossi del calibro di Goetze e Reus, oggi quotati una fortuna, mentre acquisti intelligenti hanno portato in giallonero giovani di valore (Hummels, Subotic, Gundogan) e scommesse vinte (Lewandovski, Piszczek) ora richieste da mezza Europa. E in Italia? Si continua a dubitare dei nostri giovani e a puntare su stranieri in sospeso tra il navigato ed il riciclato, sperando che aiutino a tenere la baracca in piedi ancora per un po’. Quanto al futuro, ci penserà, al solito, la Divina Provvidenza.

Una squadra falciata, seppure ai rigori, nei preliminari di Champions da un avversario tutt’altro che trascendentale e due che rischiano di uscire già nella fase a gironi. Bilancio deprimente, degno della Francia pre-sceicchi, quando i “cugini” finivano con l’essere puntualmente cancellati dal tabellone prima degli ottavi, salvo rare eccezioni. A questo siamo ridotti dall’esserci affidati ad un’impaccata di stranieri di seconda categoria, alcuni dei quali strapagati, con l’unico risultato di aver imbastardito una scuola calcistica vincente. L’Italia era difesa, ferrea, e contropiede, mortifero: con queste armi, ad eccezione dell’eresia del Milan sacchiano, abbiamo raccolto finali e coppe, portando alla ribalta calciatori indigeni ed importati, quelli sì, di prima qualità. Di allenatori buoni continuiamo a produrne ma evidentemente sono i direttori sportivi a non essere più all’altezza del compito, visti i risultati delle squadre allestite. Un rigenerante bagno d’umiltà sarebbe quindi auspicabile: in attesa che i talenti italiani superino la selezione della prima squadra (qualcosa sembra muoversi), affermando le qualità di cui sono dotati, torniamo all’antico per salvare pelle e faccia. Stop a turnover scellerati ed ingiustificati e sano ritorno alle origini, quelle dell’accortezza difensiva e dell’astuzia offensiva. Non abbiamo, al momento, i mezzi né le qualità per imporre il nostro gioco: tornare all’antico, ci procurerebbe forse una caduta di appeal ma migliori risultati.

L’Udinese vista solo qualche settimana fa ad “Anfield Road” dovrebbe ricordarci chi siamo e da dove veniamo. Il resto sono solo illusioni ingiustificate, frutto della presunzione di dirigenti miopi ed incompetenti. Possibile che certi talenti (Willian, Fernandinho, Luiz Adriano, Douglas Costa, Mkhitaryan, Rat, Teixeira) li scopra solo Lucescu dalla remota Donesk?