2012
Palermo, i tifosi restino vicini alla squadra
La notte del 29 maggio 2011 ha segnato la fine del sogno, per i tifosi del Palermo. Nel giro di un anno, infatti, agli ordini dell’indomito Delio Rossi, la formazione rosanero ha mancato per un soffiola storica qualificazione in Champions League e, proprio nella notte sopra citata, la conquista della Coppa Italia, finita tra le grinfie dell’incerottata Inter post-mourinhiana. Le lacrime di Nocerino, per il quale nessuno si attendeva un addio silenzioso a pochi minuti dal gong di fine mercato; quelle di Delio Rossi, il cui destino appariva ormai segnato; quelle, più fragorose, di capitan Miccoli, che nella giornata precedente aveva fatto sapere che la finalissima dell’Olimpico sarebbe potuta essere la sua ultima gara con il 10 stampato su fondo rosanero.
Tutto è finito lì, in quello stadio e in quegli attimi pieni e vuoti al tempo stesso, e nessuno poteva sapere che quel 3-1 firmato dalla gazzella Eto’o avrebbe portato guai e distruzione. La distruzione di una rosa fantastica, già fiaccata nell’estate precedente con le cessioni di Cavani e Kjaer, e letteralmente devastata proprio un anno fa: la musa Pastore e il paratutto Sirigu cedono alle lusinghe del PSG, la nuova frontiera del calcio dei Paperoni; Bovo torna al Genoa in cerca di sensazioni nuove, così come Cassani che sposa il progetto tecnico della Fiorentina; Liverani appende le scarpette al chiodo e Nocerino, come si accennava prima, volava nella Milano rossonera per diventare prima una sorpresa, e poi un idolo del pubblico milanista. Di contro, l’arrivo di una serie di eterne promesse, come Aguirregaray, Lores Varela, Simon, Labrin e Muñoz, e di giocatori in cerca di riscatto, come Della Rocca, Alvarez e Cetto.
Ad agosto si sogna l’apertura di un nuovo ciclo, ma la storia è fin troppo nota: a Pioli viene consegnata la squadra nel momento più caldo della smobilitazione, e a lui vengono addossate le colpe per l’eliminazione in Europa League per mano del Thun; l’andamento da scudetto in casa non basta a Devis Mangia per gustare il panettone figurato, dopo averlo concretamente mangiato in sala stampa prima del derby che gli costerà il posto; infine Bortolo Mutti, che chiude il campionato facendolo sembrare una Via Crucis, senza sfruttare il reale valore della rosa e rischiando la retrocessione.
Si riparte, con il sergente di ferro Sannino in panchina e con l’ennesima rivoluzione, che sembra assumere i contorni di un’involuzione: i migliori giocatori della retroguardia, ovvero Balzaretti, Silvestre e Viviano, lasciano il posto ai già presenti Mantovani, Milanovic e Cetto, e l’arrivo di von Bergen non può bastare; a centrocampo, la grinta dell’uruguaiano Arevalo Rios fa da contrasto all’impalpabilità di Bertolo (senz’altro più abile nel cercare guai alla guida) e a un Donati che sembra aver già finito la benzina; l’attacco non può essere sempre legato alle fiammate di uno scalciante Miccoli e dei discontinui Ilicic ed Hernandez.
In ogni caso, chi tifa veramente per il Palermo non può allontanarsi dalla squadra, anche se l’annata si prospetta nera: la quasi totale indifferenza di Zamparini, l’impotenza di Perinetti di fronte alle scelte della proprietà e il ridimensionamento degli obiettivi non possono costituire delle scuse per il pubblico, che sembra aver dimenticato la frase pronunciata da Delio Rossi nel giorno del suo addio: “I giocatori, gli allenatori, i dirigenti e i presidenti passano, ma la maglia del Palermo resta“.