Aguero: «Ecco perché Balotelli mi manca» - Calcio News 24
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2015

Aguero: «Ecco perché Balotelli mi manca»

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L’argentino e i migliori racconti sull’ex compagno al Manchester City

Mario Balotelli manca al Manchester City e, forse, anche il Manchester City manca a Mario Balotelli: in fin dei conti proprio lì “Super-Mario” negli anni passati ha saputo mostrare qualcosa di sé, qualcosa di buono intendiamo, ed è sempre lì che ha trovato amicizie sincere, come quella di Sergio Aguero, attaccante che ancora oggi lo ricorda con affetto. Appena qualche mese fa l’argentino, nel corso di più interviste, aveva raccontato una curiosa storia sull’atteggiamento fuori dal campo dell’attuale attaccante del Milan: alcuni racconti divertenti, ma sui quali ancora oggi vale la pena riflettere. Sì, perché da Milano a Liverpool, andata e ritorno, per Balotelli le cose ultimamente non è che siano girate proprio granché bene. Almeno a Manchester c’era qualcuno che lo sopportava di buon grado…  

MANCHESTER CITY: AGUERO RICORDA BALOTELLI – «Mi manca Balotelli al City, anche se ci mandava fuori di matto. Noi sapevamo che lui era un po’ pazzo, ma la verità è che Mario era pazzo solo quando voleva esserlo. Faceva cose strane tutte le volte che gli pareva perché in fin dei conti sapeva di poterle fare: andava al campo di allenamento e calciava i palloni ovunque solo per fare lo stupido, oppure prendeva e lanciava il formaggio sulla gente in sala da pranzo – ha raccontato Aguero – . Io non potevo farci niente, ma non potevo fare a meno di scherzare con lui, chiamandolo con nomignoli stupidi o giocandoci insieme»

WHY ALWAYS ME? – Aguero però ha fatto anche una riflessione profonda: «Mario sapeva di essere amato, tutti gli volevamo bene. Molto del suo atteggiamento, penso, proveniva dal suo modo di sentirsi diverso e, forse, anche un po’ insicuro. Diceva sempre che nessuno gli voleva davvero bene e sono sicuro ne fosse convinto sul serio, anche se non era vero». Sull’episodio più celebre dell’avventura di Balotelli a Manchester, il gol contro lo United e la t-shirt sotto la maglia “Why always me”: «Nessuno sapeva di quella maglia, se l’era nascosta sotto un giubbotto. Se l’avessimo saputo, gli avremmo detto di toglierla. Però poi, quando ho letto la frase “Perché sempre io?” gli ho detto che se fosse stato più calmo e si fosse comportato meglio, non se la sarebbero presa con lui»

PROBLEMI CON LE VOLANTI – «Un giorno stavamo facendo colazione, Mario stava leggendo il giornale e c’era una grossa foto di lui con quella t-shirt. C’erano una marea di ragioni per cui “era sempre lui”: le ragazze, il fumo, la polizia, i cartellini rossi, le multe, i fuochi d’artificio. Una lista infinita. Lui però diceva: “Io queste cose non le ho mai fatte” ed io gli rispondevo “Ma ci sono le foto che dimostrano il contrario” – ha proseguito Aguero nel suo racconto – . Allora lui diceva cose tipo “La polizia mi ha seguito fino al campo d’allenamento perché voleva parlare con me” ed io dicevo “Beh, non c’è da stupirsi, probabilmente avrai appena superato il limite di velocità o tamponato qualcuno”. A volte arrivava un messaggio dalla reception perché la polizia voleva parlare con lui e lui rispondeva: “Fanc… la polizia!”. Poi magari si ricordava di aver superato una volante a tutta velocità: era sempre alla ricerca di attenzioni. Questo era Mario ed io non lo dimenticherò mai». Il ricordo commosso dell’argentino. 

IL GIORNO DEI GIORNI – Ancora Aguero, che in un’altra intervista torna alla vitoria all’ultimo minuto del Manchester City contro il Queens Park Rangers che nel 2012 ha riportato la Premier League ai “Citizens” dopo 44 anni d’attesa: «Eravamo a soli novanta minuti, contro il QPR, dalla vittoria finale dopo un sacco di tempo. Io sapevo che, se non avessimo vinto, sarei morto o mi sarei ammazzato. Durante la gara però ho giocato da cani sbagliando un paio di occasioni. Nel secondo tempo eravamo 1 a 1 quando Carlos Tevez cadde a terra e, rialzandosi, cominciò a insultare Joey Barton: io andai subito a fermarlo per non farlo espellere, visto che Barton pensava di affrontarlo faccia a faccia. Allora l’arbitrò mostrò al giocatore del QPR un cartellino rosso, ma mentre Barton stava uscendo mi tirò una ginocchiata nei fianchi. Non ho mai capito il motivo». Però… «Per assurdo l’espulsione fu un bene per loro: quando Jamie Mackie segnò il gol del vantaggio QPR il nostro sogno era diventato un incubo e non pareva esserci via d’uscita. Roberto Mancini allora fece entrare Edin Dzeko e proprio Balotelli: quando Edin segnò il gol del pareggio in pieno recupero volevo solo una chance per compiere il nostro destino». L’occasione arrivò: «Giocai una palla per Mario che me la ripassò: sapevo che quella sarebbe stata l’unica occasione che avrei mai avuto ed ho colpito la palla più forte che potevo. Ricordo di aver visto il pallone insaccarsi, poi sentii un rumore assordate ed andai del tutto fuori di testa».

IL SOLITO MARIO – «Non mi ripresi dallo shock fin quando i miei compagni non mi buttarono per terra ed iniziarono a dirmi che mi amavano. Allora Mario mi afferrò e mi disse: “Vaffanc… idiota! Ti amo grandissima testa di ca…!” – ha concluso Aguero ricordando quel gran giorno – . Tipico di Mario: anche l’anno dopo, quando ero infortunato e fermo in tribuna nella partita contro il Barcellona, sentii il mio telefono squillare: non riconobbi il numero, ma risposi e sentii tipo: “Hey, sono Mario! Come va cogli…? Forza City, forza City!”. Poi riattaccò»