Federico Buffa: «Vi racconto la mia vita. Gigi Riva è stato il top»
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Federico Buffa: «Vi racconto la mia vita. Gigi Riva è stato il top»

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Gigi Riva

Prima ha fatto l’avvocato. Poi, è diventato un cronista di basket e oggi riempie i teatri con le sue storie di sport…

Prima ha fatto l’avvocato. Poi, è diventato un cronista di basket e oggi riempie i teatri con le sue storie di sport. Federico Buffa si racconta sul Corriere della Sera.

LA SORELLA DI RODMAN – «Debra è stata il cliente più duro. Dennis all’università prendeva 27 rimbalzi a partita, sullo yearbook avevano scritto “Roadman”. Lei venne a giocare ad Ancona e scoprii che erano fratelli. Alle 3 del mattino ricevevi la chiamata del vicino: non voleva che lasciasse la “monnezza” sul pianerottolo. In sottofondo udivi Debra che gli rifilava poderosi vaffa…».

RODMAN – «Per Debra era un debosciato, altro che un duro. Diceva che si nascondeva a ogni guaio: lo trattavano come un triste problema. Dennis fu poi semi-rapito da una famiglia dell’Oklahoma: si presentò in mutande. Quindi andò al college, acciuffò tutti i palloni che volavano e diventò Rodman. Ma quando la rividi, Debra mi confidò: “Sono molto più brava, forte e intelligente di quell’impedito che ora è una stella”».

RADIOCRONISTA DELL’OLIMPIA – «Un amico collaborava con Radio Press Panda. Mi chiese un aiuto. Facevamo le radiocronache con il telefono “storto”, girando la cornetta».

FLAVIO TRANQUILLO – «Mi avvicinò in un campetto. Aveva 19 anni, mi leggeva su Superbasket. Disse: “Sono arbitro, entro nei palasport: posso tenerti i punti?”. Poi un bel giorno, rientrato da due mesi negli Usa, la radio mi comunicò: le dirette le fa Flavio, ma puoi dargli una mano…”. Giusto così».

ATTORE – «In teatro: è la mia occupazione principale. Stupito dai vari “tutto esaurito”? Più che altro sorpreso da quanti giovani ci sono. Sono del 1959 e di un altro “pianeta”. Però certe storie hanno evidentemente acquisito attualità nella contemporaneità».

GIGI RIVA – «Il top: siamo orfani quando perdiamo chi ci ha fatto amare lo sport. Andavo in bici a Leggiuno, che faceva comune con Sangiano: casa sua era a 300 metri dalla mia. Sapevo anche dove andava a fumare. Ho dovuto narrare pure il suo lato ombroso: ignorarlo avrebbe reso incompleta una strepitosa vicenda».