Gasperini si racconta: «Quelli che non sono abituati a lavorare sodo mi spaventano» - Calcio News 24
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Gasperini si racconta: «Quelli che non sono abituati a lavorare sodo mi spaventano»

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Gasperini Panchina d'Oro

Gian Piero Gasperini ha parlato in una lunga intervista rilasciata al Guardian: queste le parole del tecnico dell’Atalanta

Gian Piero Gasperini ha parlato in una lunga intervista al Guardian. Queste le parole del tecnico dell’Atalanta.

LAVORARE SODO – «Durante l’allenamento, i miei giocatori devono lottare e sudare; quelli che non sono abituati a lavorare sodo mi spaventano. Ma dal sacrificio nascono le vittorie. Se non corri in allenamento, non corri durante le partite. Poi, ovviamente, è importante divertirsi anche in allenamento perché da ciò deriva lo stile di gioco e la qualità».

LUPI – «Ho messo la foto di un branco di lupi nello spogliatoio. Ci sono dei lupi nella parte anteriore, alcuni nel mezzo e uno nella parte posteriore. Quelli in primo piano possono impostare il ritmo all’inizio. I lupi successivi sono i più forti, sono quelli che devono proteggere tutti se vengono attaccati. Quelli al centro sono sempre protetti. Poi ci sono altri cinque forti più indietro per proteggere un attacco da lì. L’ultimo è il capo e si assicura che nessuno venga lasciato indietro. Mantiene tutti uniti ed è sempre pronto a correre ovunque; per proteggere l’intero gruppo. Il messaggio è che un leader non si limita a rimanere in prima linea; si prende cura della squadra e questo è quello che voglio dai miei giocatori».

GOMEZ – «Papu Gomez per esempio, è un giocatore straordinario che non ha raggiunto il suo potenziale perché non si è mai allenato bene. Quando ha iniziato ad allenarsi meglio, ha alzato il suo livello per diventare uno dei migliori in Europa. Ha perso tempo perché l’allenamento ti rende un campione: ha sempre avuto tutto per diventarlo».

ILICIC – «Lo chiamavamo ‘Josip la nonna’ perché andava solo in giro ad essere gentile con tutti. Abbiamo dovuto convincerlo ad aumentare i suoi sforzi in allenamento. Gli mancava quel passo mentale, ma una volta cambiato il suo modo di pensare abbiamo smesso di chiamarlo nonna, ora lo chiamiamo ‘Il Professore’. Si è reso conto che ogni sessione di allenamento è divertente e da quella decisione è rinato. Cinque goal in Champions League in questa stagione sono un risultato eccezionale».

CHAMPIONS – «Tutto è accaduto così in fretta. Solo pochi giorni prima non si sentiva cosa potesse succedere. Quando andammo a Valencia, a Bergamo c’erano le prime avvisaglie che la situazione era critica. Quando siamo tornati a Bergamo ci siamo resi conto di quanto era tutto cambiato in soli due giorni. Siamo passati dall’euforia alla paura nell’arco di 48 ore. Una cosa straordinaria, inspiegabile con le parole. Bergamo è stata al centro di questo terribile coronavirus. Ha colpito profondamente la nostra città e causato così tante morti… Non dimenticherò mai le sirene che abbiamo sentito nel centro di Bergamo, lo ricorderò per il resto della mia vita».

DIFESA A TRE – «Molti anni fa ho proposto la difesa a tre quando ero allenatore delle giovanili della Juventus. Allora mi è stato detto che era troppo difensivo. Ho dimostrato che era il contrario: i tre difensori partecipano alla corsa, sono allenati per essere coinvolti in modo offensivo. Trovare lo spazio è fondamentale per un giocatore, io ai miei ho dato un consiglio: guardate l’arbitro, è sempre in una posizione ideale per vedere il gioco. Il Papu, in particolare, ha seguito questo consiglio e lo ha davvero aiutato. Se dovessi riassumere la mia filosofia difensiva in una frase, sarebbe che non ci credo e non crederò mai nel concetto di aspettare che il tuo avversario commetta un errore: penso che tu debba provare a rubare la palla per attaccare».