2012
Il Caso: De Laurentiis e Mazzarri, bivio inevitabile
Quello visto domenica al “San Paolo” contro il bunker granata di Ventura, è stato, probabilmente, uno dei Napoli più deprimenti dei tempi recenti. Si stenta a credere che la squadra vista contro Bianchi e compagni, fosse una creatura di Walter Mazzarri, tecnico che vive il calcio come una passeggiata sui carboni ardenti e non certo abituato a “melinare” stucchevolmente per ottanta minuti. Questo però è stato lo spettacolo offerto domenica pomeriggio: “golletto” iniziale del solito Cavani, impegnato peraltro a fare il mediano per il resto della partita, e nulla più. Il Napoli non sa amministrare vantaggi risicati: sai che scoperta, avrà pensato Salvatore Aronica. Detto, fatto: rimonta servita ed ecco aprirsi una sala a specchi di interrogativi. Eppure il tecnico livornese si sbracciava come al solito a bordo campo: nessuna scarica elettrica però a rianimare un corpo apparso in balia della sua stessa, preoccupante, abulia. Il morbo sembra aver contagiato veterani e nuove reclute: Maggio e Pandev? Irriconoscibili. Dossena e Aronica? Due ex calciatori. Hamsik l’unico a sbattersi e la contraddizione della pretesa di una “melina” prolungata senza Inler, cioè con l’unico centrocampista in rosa capace di gestire palla confinato a lungo in panca. Una squadra imborghesita che pretende di vincere con il minimo sforzo senza averne le capacità. Sì perché i limiti tecnici più evidenti di questo Napoli sono rimasti gli stessi della stagione scorsa, con un Lavezzi in meno: organico qualitativamente ridotto all’osso e ruolo di vice-Cavani clamorosamente vacante. Mazzarri vorrebbe fare turnover, ci ha anche provato (a volte a sproposito, vedi Eindhoven): i risultati? Deprimenti. Lui, per la verità, in estate chiede ma alla fine del mercato deve arrangiarsi con quello che il convento gli ha parcamente procurato. Il bilancio del medesimo (convento) è esemplare ma di compiere il definitivo salto di qualità manco a parlarne. E qui sta forse la causa dello stallo in cui giocatori, tecnico e società sembrano precipitati. I calciatori c’entrano poco: sono spugne che assorbono gli umori di allenatore, dirigenti ed ambiente e rendono di conseguenza. E gli stimoli che arrivano da Mazzarri e dai vertici del Napoli ultimamente, sono da encefalogramma piatto. Urge una scossa oppure una scelta degna di tal nome. Quale? Mazzarri l’ha detto e ripetuto: a fine contratto un professionista ha il diritto di valutare tutte le ipotesi, inclusa quella di un stop rigenerante. Sarà perché ormai ha capito che più di questo, più di una Coppa Italia e di uno tra i primi posti (ma non il primo) in campionato il Napoli non può ottenerli con questa politica societaria? Ah già, dimenticavamo: l’inebriante avventura in Champions troncata bruscamente dal Chelsea. Ma l’eccezione conferma la regola: in vista della sfida degli ottavi contro i Blues, sarebbe stato opportuno rinforzare la squadra a gennaio. Ed invece? Invece è arrivato Vargas, cioè il nulla costato un occhio della testa.
Quindi? Quindi la palla passa a De Laurentiis ed è giocabile solo in due semplici modi. Via subito Mazzarri: inutile aspettare ancora. Arriverebbe un tecnico capace di ridare entusiasmo ad una truppa spenta ma, allo stesso tempo, consapevole che sul mercato si continuerà ad agire con parsimonia e niente colpi ad effetto. Soluzione, pardon, giocata numero due: prolungamento immediato del contratto di Mazzarri e fine dell’incertezza con relativa assicurazione che in campagna acquisti si cambia registro sin da subito (gennaio). La seconda strada è quella che imporrebbe ad Aurelio De Laurentiis un radicale mutamento di prospettiva: meno attenzione al bilancio, fino ad oggi santuario intoccabile, e mano al portafogli perché nel calcio moderno, e a certi livelli, si vince solo staccando assegni corposi e con una certa costanza.
Continuare ad accontentarsi o passare alla fase decisiva del “progetto” Napoli: la situazione attuale pone il presidente davanti ad una scelta che appare ormai non più procrastinabile.
“La giusta scelta del momento è in tutte le cose il fattore più importante”
(Esiodo, Le opere e i giorni)