Il divino di fede buddista - Calcio News 24
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2014

Il divino di fede buddista

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Dal rigore sbagliato alla maglia ritirata passando per il Pallone d’Oro: semplicemente Roberto Baggio

10 E LODE ROBERTO BAGGIO17 luglio 1994, stadio Rose Bowl di Pasadena con i suoi 94mila spettatori col fiato sospeso a fare da sfondo. Quei quattro secondi per sistemare il pallone sul dischetto, quasi a raccomandargli di non tradirlo proprio in quel momento. La rincorsa dalla lunetta dell’area di rigore, i passi veloci, la leggera frenata e il destro che si perde alto sulla traversa. Lui immobile con il capo chino, il Brasile in festa per la vittoria. Non sarà stato semplice dormire dopo quell’errore, ma il suo codino, quello divino, non sarà ricordato per questo. Anzi, nel suo caso i rimpianti superano i rimorsi, e se c’è qualcosa che Roberto Baggio proprio non perdonerà mai a se stesso questa non riguarda USA ’94. Bisognerebbe infatti fare un balzo in avanti lungo otto anni, arrivando così dall’altra parte del mondo, in Estremo Oriente. L’Italia intera era dalla sua parte, gli striscioni venivano srotolati negli stadi nostrani a prescindere dal colore della tifoseria. Ma Trapattoni prese la sua decisione lasciando a casa l’allora bandiera del Brescia visto il terribile infortunio rimediato contro il Parma in Coppa Italia che lo costrinse a rimettere piede sul prato verde a tre giornate dal termine del campionato. A Baggio non fu data la possibilità di conoscere da vicino il simpatico Moreno. E lui ancora ci pensa.

LA CARRIERA – Il Divin Codino è nato a Caldogno (VI) il 18 febbraio del 1967. Che fosse un predestinato lo si capì da subito, nonostante i problemi fisici che lo hanno tormentato già dagli inizi della sua carriera. Dopo cinque stagioni passate tra le giovanili e la prima squadra del Vicenza, la prima big a mettere gli occhi su di lui fu la Fiorentina. La squadra viola sborsò 2,7 miliardi di lire, ma a pochi giorni dalla firma sul contratto Baggio si infortunò gravemente al ginocchio destro. Carriera compromessa? Macchè. La società toscana decise di concludere comunque l’affare, e tra un lungo recupero e qualche stipendio non ricevuto l’attaccante riuscì ad esordire in Serie A il 21 settembre 1986, contro la Sampdoria. Passano solo sette giorni e il fuoriclasse deve fare ancora i conti con il ginocchio di cristallo: rientra a fine stagione, giusto in tempo per siglare il suo primo gol in massima serie contro il Napoli di Maradona che dopo pochi minuti si sarebbe laureato campione d’Italia. Palla in rete da calcio piazzato, il marchio di fabbrica del Pibe de Oro, ma non solo. Il destino era segnato, l’intera nazione si apprestava ad acclamare il suo nuovo re che successivamente, complice anche il rapporto non proprio idilliaco con determinati allenatori, indossò le maglie di Juventus, Milan, Bologna, Inter e Brescia. E di mezzo la soddisfazione personale del Pallone d’Oro 1993 vinto quando indossava i colori bianconeri della Vecchia Signora. E poi l’Italia, naturalmente. Con gli azzurri ha collezionato 56 presenze siglando 27 gol, e memorabile fu la gara d’addio. Era il 28 aprile 2004, a Genova c’era di fronte la Spagna e, proprio il Trap, dopo averlo escluso dal precedente Mondiale decise per la convocazione-tributo che segnò la fine della carriera di Baggio in Nazionale. Neanche a dirlo, il sipario calò tra la standing ovation dell’intero stadio.

ETERNO CODINORoberto Baggio ha appeso le scarpette al chiodo al termine della stagione 2003/04. Ha disputato l’ultimissima gara il 16 maggio 2004, a San Siro contro il Milan. Dopo il suo addio, il Brescia decise di omaggiarlo come solo i grandi vengono omaggiati: la sua maglia numero 10, indossata per quattro anni, venne ritirata. Da quel momento il Divin Codino ha cercato di rimanere attaccato al calcio, ma qualcosa è andato storto. Nonostante la nomina di Presidente del Settore tecnico della Federazione ricevuta da Abete nel 2010, l’ex fuoriclasse tre anni dopo decise di dimettersi per la poca considerazione del programma da lui stesso stilato. E il suo nome è tornato in voga poche settimane fa, quando dopo l’addio di Prandelli alla panchina dell’Italia fu coinvolto nel più classico dei toto-allenatori. La Nazionale è stata poi affidata ad Antonio Conte, l’azzurro ancora una volta non gli ha sorriso. Ma agli sportivi italiani è bastato poco per tornare a sognare: numero 10 sulle spalle, scarpette al piede, solita classe ma stavolta senza codino e con qualche kg in più. Baggio è sceso in campo per la partita per la pace voluta da Papa Francesco, l’occasione giusta per tornare a dare qualche calcio al suo compagno di sempre. Solo 90 minuti ma tante emozioni, per poi tornare agli impegni della vita quotidiana: alla famiglia, alle iniziative benefiche, al Buddhismo. Un divino seguace di Siddhartha, con il calcio che continua ad aspettarlo.