Il giorno delle lacrime - Calcio News 24
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2012

Il giorno delle lacrime

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Chi ieri si è seduto in poltrona o ha preso posto allo stadio, poco prima delle 15, sapeva che la domenica che ci si accingeva a vivere non sarebbe mai stata una domenica qualunque, per gli amanti della palla che rotola su un prato verde e dei ventidue uomini che la rincorrono per i quattro lati del campo. E come in una girandola di emozioni, dettata forse più dal destino che dalla reale volontà dei protagonisti in campo, la domenica appena trascorsa è stata una delle più emozionante che si ricordi nella storia ultra-decennale del nostro campionato.

Si parte alle 15.28, quando un artista che porta la maglia numero 10 della Juventus raddoppia le marcature dei suoi, nel giorno che sanciva il ritorno del tricolore dalle parti della Mole Antonelliana: Alessandro Del Piero gonfia per l’ultima volta la rete con la maglia bianconera, quella che ha amato più di tutte e della squadra dalla quale ha ricevuto le più grandi gioie e i più grandi dolori in diciannove anni meravigliosi. Difficile pensare che ci si trovava sugli spalti dello Juventus Stadium o a casa non ha gioito o quantomeno sorriso di fronte all’ultima pennellata che il Pinturicchio del calcio italiano ha regalato alla sua Signora e a tutto il movimento pallonaro, mentre il sollevamento del trofeo dello scudetto è solo la ciliegina sulla torta, di una giornata che Alex non dimenticherà mai.

Centotrentasette chilometri più a est e settantadue minuti dopo il sigillo dell’asso juventino, sarebbe andata in onda la seconda scena da libro Cuore della giornata. Clarence Seedorf offre una palla magica, come lui e pochissimi altri al mondo sanno fare; a riceverla c’è un ragazzo mingherlino, ma che sa far gol pesanti come macigni e che di nome fa Filippo, come l’architetto Brunelleschi. Fontana è battuto, la palla finisce in rete e San Siro va in tripudio, come se il suddetto Filippo avesse fatto vincere al suo Milan un’altra Champions League. Al triplice fischio, gli occhi dei giocatori rossoneri e dei loro supporters diventano delle cascate di lacrime, di commozione per la fine di tanti amori e di gratitudine per le tante gioie vissute in un decennio che ha portato una serie impressionante di trofei.

Intanto sull’Italia e sul campionato scende il crepuscolo, e le lacrime di gioia a Torino e di gratitudine a Milano si trasformano in lacrime di tristezza, quasi di disperazione: sono le lacrime dei tifosi e dei giocatori del Lecce, divenuti impotenti di fronte al vero e proprio miracolo che avrebbero dovuto compiere, per garantire alla città salentina un altro anno tra le grandi del calcio italiano. Esulta il Genoa, che batte il Palermo ma non può festeggiare insieme ai propri tifosi, tra i quali non annoveriamo quelli che hanno scatenato l’inferno nell’assurdo pomeriggio di quattro domeniche fa.

Nel frattempo, nella calda Catania l’Udinese conquistava la seconda e storica qualificazione ai preliminari di Champions League: chissà se Piermario Morosini avrebbe pianto di gioia, di fronte all’impresa compiuta dalla sua ex squadra…