Juventus, Del Neri: "Abbiamo l'obbligo di combattere" - Calcio News 24
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2009

Juventus, Del Neri: “Abbiamo l’obbligo di combattere”

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TORINO – Signor Delneri, cos’è Juve-Inter?
“Era peggio andare a Cagliari: là  avevo l’obbligo di vincere, stavolta avrò l’obbligo di combattere”.
Sfida l’Inter da grande a grande, per la prima volta: come si sta dall’altra parte della barricata?
“Mah, visto come ci trattano mi sembra di non averla mai passata, la barricata”.
La Juve è l’ennesima provinciale che lei allena?
“Ma no, era una battuta. Sono in una squadra che sta cercando di stare al passo col suo nome, e secondo me lo fa bene. Però ci vuole tempo”.
Gliene daranno abbastanza?
“Tutti sono abituati a vedere la Juve vincere, ma da quanto non succede? Capitano periodi come questo. Al successo bisogna arrivarci per gradi, attraverso difficoltà . Come il Manchester”.
Come il Manchester?
“Prima di diventare una superpotenza, non vinceva più niente. Ferguson disse: in 5 anni vinceremo tutto, ed è successo. Se avremo fortuna e abilità , noi potremo riuscirci anche prima. Senza infortuni, per esempio, avremmo 5 o 6 punti in più: per cosa lotteremmo, allora?”.
Per cosa lottate, invece?
“Neanche adesso nulla ci è precluso. Ma ci vuole pazienza”.
Chi ha pazienza, in Italia?
“Nessuno. Ma come si può tirar su una casa, se non ti danno il tempo? Noi restiamo coerenti con le nostre idee”.
Davvero la Juve ha fatto il massimo, finora?
“Abbiamo fatto il meglio, ma ci sono mancati i giocatori. Quando li abbiamo avuti, abbiamo battuto Milan e Lazio, non abbiamo perso per 18 partite. Non si può rinunciare a quattro attaccanti in un colpo solo. Contro il Bari, partita delicatissima, abbiamo vinto con Giannetti centravanti. Non è cosa da poco”.
Avrebbe preferito venire alla Juve a raccogliere, invece che a costruire?
“Si vede che era scritto. Costruire è il mio mestiere. Mi piace questa idea di cercare, di trovare, contenere gli stipendi, abbattere l’età  media, recuperare quello che si poteva recuperare, tipo Melo. E comprato quello che ci serviva: Matri è stato inseguito a lungo, il suo arrivo è una bontà . Il 1Ã?° gennaio non ce l’avrebbero dato”.
Le faranno finire la costruzione?
“Magari decidono di cambiare architetto, ma per almeno due anni mi dovrete sopportare. E dei giudizi negativi non me ne frega niente”.
Proprio nulla la tocca?
“Questo è un lavoro che va fatto senza condizionamenti. E a me non mi condiziona nessuno”.
Però a Cagliari ha tradito il dogma del 4-4-2: non è stato condizionato da qualcosa o qualcuno?
“Ho fatto il 4-1-4-1, e allora? L’anno scorso, ho battuto l’Inter con tre punte, con il tridente ho salvato la Roma e con tre attaccanti giocavo a Bergamo. Basta con gli stereotipi”.
Delneri integralista del 4-4-2: è uno stereotipo?
“A parte che faccio il 4-2-4, io sono integralista del mio modo di vedere il calcio, non di un modulo. Se un mona studia può diventare professore. Tradotto: con l’applicazione ci si adatta. Con me, Valdes a Bergamo è diventato un bravissimo tornante. Sono l’unico che alla Juve ha portato i ragazzi in prima squadra, anche se alla seconda domenica tutti si sono dimenticati che Sorensen ha diciott’anni e me lo massacrano. Io no, dell’età  tengo conto”.
Neanche alla Juve ha dei suggeritori?
“Pensate che qualcuno possa dirmi cosa fare? Sarei qui, se no? In giro, come me, c’è solo Zaccheroni, l’unico arrivato a una grande squadra facendosi tutta la gavetta”.
Le fanno invidia quelli che prendono le scorciatoie?
“No, mi danno orgoglio. Mai invidiato nessuno in vita mia”.
à? vero che molti suoi colleghi criticano Leonardo, per dirne uno, perchè Inter e Milan sono state la sua gavetta?
“Non c’è una strada sola per arrivare, io ho preso la mia e sono a posto con la coscienza. Non mi sono mai sentito discriminato”.
Non è che a un certo punto si è illuso di poter vincere lo scudetto?
“Fino al 23 gennaio eravamo da scudetto. E non avremmo fatto fatica a restare a ruota, con gli attaccanti sani”.
Sa che anche Milan e Inter hanno avuto parecchi infortuni?
“Infatti: quanti punti sta facendo il Milan da quando ha problemi a centrocampo? Quanti ne aveva fatti l’Inter, quando li aveva tutti rotti?”.
Ammettiamo che la Juve arrivi quinta: cosa renderebbe comunque positivo il suo bilancio?
“Perchè non ammettiamo che arrivi seconda?”.
La Juve non l’ha cambiata neanche un po’?
“Macchè. Dormo anche meglio la notte”.
Come ci riesce?
“Sono maturo”.
E la famosa pressione?
“Non avevo forse pressione al Chievo, con venti telecamere al campo che scoprivano il miracolo, e un presidente e un ds che mi stavano addosso tutti i giorni? Qui non è diverso, il mio lavoro è sul campo, delle parole attorno me ne infischio. Ora devo rendere conto a una tifoseria più vasta, ogni tanto qualcuno mi ferma per strada. Per il resto, non sono cambiato di una virgola”.
Da D’Anna a Del Piero, niente cambia?
“Intendiamoci: io ho rispetto dei ruoli, so che non posso pormi con Del Piero e con un giovane alla stessa maniera. Ma con uno e con l’altro sono diretto: dico in faccia quello che devo, a tutti e sempre”.
Dove ha imparato la psicologia?
“Non sui libri: 40 anni di calcio sono meglio di un’enciclopedia. Il rapporto con i giocatori, il campo e il pallone è lo stesso”.
Dicono che per allenare una grande serva anche l’immagine.
“Perchè, la mia com’è? Vent’anni so di non poterli più avere, amen. E se l’allenatore lo fa una cravatta, si è messi male. Uno come me, che allena dieci anni di filato in serie A, ha qualcosa in più dell’aplomb”.

Fonte: Repubblica.it