2016
Luomo copertina: mondo e rabbia di Dimitri Payet
Euro 2016, la Francia ha il suo incantatore: Dimitri Payet
E’ assolutamente inevitabile che gli occhi meno attenti degli amanti del calcio si stiano domandando qualcosa su tale Dimitri Payet, cercando magari in giro per il web la data di nascita (’94? ’95?) ed altre risultanze della carta d’identità, salvo poi scoprire si tratti di un ventinovenne nato nel 1987 e che gioca a calcio tra i professionisti da ben undici anni. Nato nell’isola de la Rèunion, nel complesso delle isole Mascarene, in pieno Oceano Indiano. Roba di impero coloniale francese, se non vi era chiaro.
CARRIERA IN PATRIA – La Ligue 1 francese (il piccolo Dimitri giunge a 12 anni in Francia) non è tra i campionati più visibili nel palcoscenico mondiale: in tal senso ha acquisito qualcosa negli ultimi anni, con le rinnovate proprietà di Paris Saint Germain e (in parte) Monaco che hanno attratto alcune stelle, ma il livello di competitività resta basso ed il prodotto fa fatica. Premessa doverosa per raccontare come, almeno nelle sue ultime tre stagioni in Francia divise tra le maglie di Lille e Marsiglia, il talento di Dimitri Payet non sia stato esaltato. Le cause di una fioritura così tardiva non sono ovviamente addebitabili per intero a tale circostanza: il funambolo di Saint-Pierre ci ha messo del suo, altroché se non lo ha fatto.
BELLO E DISCONTINUO – Ha impiegato un’intera carriera per togliersi da dosso queste targhette: bello da vedere, senz’altro, ma poco produttivo. Perché discontinuo: può cambiarti il corso di una gara con una giocata, di un mese di campionato, ma nel medio periodo risulta un fattore meno efficace. Alle volte addirittura controproducente, quasi svogliato nei momenti di minima ispirazione. Tradotto: inaffidabile per un campionato più strutturato, o addirittura per una big. Il passaggio in Premier League al West Ham ha sfatato i miti: 12 reti stagionali ma soprattutto 15 assist di stordente bellezza, numeri di altissima scuola disseminati nel tempo (di un’intera annata) e nello spazio (di un campo inteso a 360 gradi), la chicca dei calci piazzati. Dove oggi ad onor del vero ha pochi pari al mondo.
RABBIA E LACRIME – La prima di Euro 2016 è il riscatto della vita di Dimitri Payet: tutto il resto assume il ruolo di mero contorno, comprese le sfidanti Francia e Romania. Ogni singolo tocco di palla della sua partita è assimilabile ad un quadro artistico, non sbaglia praticamente nulla: dribbling ubriacanti, filtranti illuminati, aperture celestiali da fascia a fascia, giochi di suola o passaggi semplici quando non c’è da rischiare. L’epilogo è da infarto: lo Stade de France è oramai in balia dei suoi numeri, quando inventa quello che è già il gol della manifestazione. Un colpo mancino – per la cronaca Payet sarebbe destro, ma è palesemente impensabile accorgersene – da urlo, da una distanza siderale che però non basta a rendersi conto di quanto sia accaduto. Esce nell’ovazione generale con le lacrime agli occhi di chi si gode il tutto, ben consapevole che questo tutto sia arrivato eccessivamente in ritardo se raffrontato a cotanto talento. Lacrime e rabbia, può diventare il suo Europeo, quello dei Vardy, degli arrivati tardi.