2012
La beffa delle 18.00, la Juventus, il Napoli e l’ennesima occasione
Per quella che sarà la partita più importante del girone di andata, sarebbe stato lecito attendersi un altro orario ma tant’è: Juventus-Napoli si gioca alle 18.00 di un sabato pomeriggio di ottobre, come un anticipo qualsiasi. Bravi i signori della Lega, che certo il 3 settembre, data in cui furono stati resi pubblici i calendari degli anticipi e dei posticipi fino a Natale, non potevano sapere dello scarso appeal di Lazio-Milan, in programma subito dopo lo scontro diretto dello “Juventus Stadium”, ma avrebbero potuto comunque intuire l’importanza del match tra bianconeri e partenopei. Le proteste di Sky e delle televisioni sono servite a poco: il goffo tentativo di Beretta di mettere la classica pezza ad un errore da principianti, è stato vanificato dalle resistenze della Lazio (migliaia i tagliandi già venduti all’Olimpico) e dalle esigenze delle forze dell’ordine che vigileranno sull’evento torinese. Tanto per cambiare, un classico pastrocchio all’italiana, emblematico del livello raggiunto da quell’organismo, la Lega di Serie A per l’appunto, che dovrebbe tutelare gli interessi dei club del massimo campionato ma che in realtà, non sembra riuscire a fare di meglio che danneggiarli.
Il campo invece, ne siamo certi, offrirà tutt’altro spettacolo. Si affronteranno infatti le due squadre più forti del torneo in un confronto non ancora decisivo ma che potrebbe orientare, almeno da un punto di vista psicologico, la corsa scudetto. Chi perde, risentirà della sconfitta; chi vince, avrà slancio ed entusiasmo per tentare di conservare la vetta solitaria il più a lungo possibile.
La chiave tattica del match è svelata dai recenti scontri diretti tra le due contendenti. La Juventus di Antonio Conte ha un solo modo di stare in campo: aggressiva ed offensiva fino allo sfinimento dell’avversario. Il Napoli di Mazzarri, alter ego dell’undici bianconero in virtù di un 3-5-2 diventato ormai ortodossia per entrambi gli allenatori, giocherà scaltramente di rimessa, lasciando che Pirlo e compagni facciano la partita per colpirli negli spazi come già accaduto a Pechino ed ancor prima all’Olimpico, in occasione della finale di Coppa Italia. E qui risiede lo snodo centrale della partita: sì perché i partenopei sanno essere mortiferi grazie a Pandev e soprattutto Hamsik, ma Cavani resta il totem capace di abbattere la resistenza di qualsiasi avversario. L’uruguagio, reduce dalla debacle boliviana della “Celeste”, sarà solo oggi in grado di allenarsi con i compagni: l’altura ed il rocambolesco (causa ritardo) viaggio transoceanico rischiano di consegnare a Mazzarri un attaccante sfinito ed incapace di mettere sul campo quella sconfinata energia che lo porta ad essere spesso uomo ovunque. Un Cavani spento, rappresenterebbe vantaggio enorme perla Juventus, inutile sottolinearlo. Ecco spalmata sul campo tutto teorico dei “se” e dei “ma”, la forza ed il limite del Napoli attuale: la dipendenza da individualità assolute che rischiano però di limitare la crescita di una squadra che non ha ancora dimostrato personalità sufficiente per fare a meno di certi nomi (Eindhoven insegna). Dall’altra parte, la Juventus di Conte: meno qualità eccelsa ma più affidabilità nei meccanismi e nel gioco di squadra. Certo, Pirlo e Vucinic in palla contano tanto quanto le possibili assenze degli acciaccati Buffon e Marchisio, ma i bianconeri sanno ormai come stare in campo e difficilmente steccano spartito.
L’incognita Cavani dunque, tema centrale di un confronto equilibrato ma pronto a sterzare bruscamente da una parte o dall’altra. Di sicuro, per il Napoli di Mazzarri l’ennesima opportunità di scalare quel gradino che lo separa dalla consacrazione definitiva. Dopo tanta paziente pianificazione, forse è giunta l’ora di dare al “progetto Napoli” una veste vincente. La Coppa Italia, improvvisamente, sembra non bastare più.