La nuova era: la direzione del Napoli di Ancelotti e De Laurentiis
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Dove va il Napoli tenuto per mano da Ancelotti

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La nuova era è iniziata: il Napoli di Ancelotti nella sua essenza, nella sua visione, negli obiettivi, nelle strategie di calciomercato

Il presidente Aurelio De Laurentiis era stato messo al muro: dalle latenti incertezze di Maurizio Sarri, che continuava a chiedere tempo su tempo alle reiterate richieste di progettare un futuro insieme. Con tanto di raddoppio dell’ingaggio. Dalla piazza, che lo ha eletto colpevole del mancato scudetto: inspiegabile a detta dei più l’immobilismo riscontrato nella sessione invernale di calciomercato. Via alla contestazione, alimentata soprattutto nelle ultime due gare casalinghe, contro Torino e Crotone. Dalla paura, quella di ritrovarsi di fronte ad un Napoli demotivato dalla grande delusione scudetto e da rifondare nei suoi uomini più rappresentativi, dati in fuga verso i top club europei. Dalla responsabilità, che lui e soltanto lui ha nei riguardi del Napoli: tutti gli altri vanno e vengono. Allenatore, calciatori, dirigenti, magazzinieri. Lui resta. E spetta a lui reinventarsi il Napoli ogni anno. Garantire ai tifosi – gli unici che come lui restano sempre – la continuità del progetto e la crescita delle ambizioni. Messo al muro, all’angolo come un pugile suonato, ha letteralmente ribaltato il tavolo. Ed ha messo a segno il colpo più clamoroso della sua era: Carlo Ancelotti.

Come cambia il Napoli con Carlo Ancelotti

Si stravolge innanzitutto nella sua essenza: la proiezione che la sola locuzione Napoli di Ancelotti garantisce è qualcosa che all’ombra del Vesuvio non è mai esistita. O soltanto ai tempi di quello lì, che neanche ve lo nominiamo. Mai nell’ultimo trentennio per intenderci, nell’evoluzione di questo sport. Il Napoli ha unito il suo nome all’allenatore più vincente della storia moderna: qualcosa di effettivamente inspiegabile pensando al poco sostanzioso curriculum partenopeo degli ultimi anni. Il matrimonio lo si deve innanzitutto alla volontà palesata da Ancelotti sin dai primissimi approcci con Aurelio De Laurentiis: quella di rischiare. Rischiare dopo aver vinto ovunque. Dopo aver vinto tutto. Gli manca il passo per entrare nella leggenda, per riuscire dove non è riuscito nessuno, e solo una sfida alla Napoli poteva darglielo. Ma di sfide alla Napoli, per l’unicità della città e della passione che la lega alla squadra, non ce ne sono molte in giro. Giunti a questo punto, il Napoli era la soluzione perfetta per Ancelotti. Ed Ancelotti lo era per il Napoli. Per un Napoli condizionato da tutte le paure con cui abbiamo aperto il discorso. E dunque la rivoluzione è servita, su un piatto d’oro che in pochi immaginavano di vedere: il Napoli con Ancelotti esce dalla dimensione bravi ma poco fastidiosi, quella in cui tanti hanno voluto includerlo per comodità, ed entra in un palcoscenico del tutto nuovo. Che genera la paura opposta: quella di dimostrarsi all’altezza. All’altezza di una proiezione ignota, rivoluzionata e rivoluzionaria. Ma tenuti per mano da Ancelotti questa diventa un’ansia gestibile.

Ancelotti, il genere di leadership

Un uomo calmo, pacato. Uno strepitoso leader calmo. Di tutte le dichiarazioni dei suoi ex calciatori, lette negli anni ed in questi giorni, scegliamo di riportare quella dell’ex beniamino del San Paolo Ezequiel Lavezzi: “ho litigato con tutti i miei allenatori, ma con Ancelotti proprio non ci riuscii“. Si tratta di una frase da incorniciare perché spiega al meglio l’uomo e l’allenatore Ancelotti, o se volete il gestore: i toni si alzano solo quando strettamente necessario. Senza che la leadership venga minimamente intaccata. Una prerogativa che soltanto i più grandi possono vantare. Nel loro lavoro, ma nella vita in generale. Carlo Ancelotti mette le cose in chiaro con il suo solo nome: non serve altro. La capacità di motivare il suo organico è difficilmente spiegabile: ricordate cosa accadde al suo Milan in quel di Istanbul? Una finale di Champions League persa dopo essersi ritrovati in vantaggio di tre reti sul Liverpool, all’intervallo dell’Ataturk con lo spogliatoio in festa, e dopo averne vinta un’altra appena due anni prima nel derby italiano con la Juventus. L’esito di quella partita lo conoscete tutti. E tutti sapete che per chiunque si sarebbe trattato della fine di un ciclo, o al massimo di un protrarsi di difficoltà. Carlo Ancelotti riportò dopo appena due anni il suo Milan sul tetto d’Europa, peraltro – giochi di un destino che mai nulla fa per caso – prendendosi la rivincita proprio contro quel Liverpool. E sul tetto del mondo, nell’altra rivincita su quel Boca Juniors che quattro anni prima gli aveva sottratto il Mondiale per Club. La chiusura di un cerchio che soltanto i più grandi possono vivere.

Gli obiettivi del Napoli di Ancelotti

Vincente e paterno. Carlo Ancelotti non sceglie Napoli per caso ma lo fa con il chiaro intento di vincere. Di aggiudicarsi lo scudetto e fare strada in Champions League. La sua casa: nessuno ne ha vinte più di lui nella storia di questo sport. L’unicità di Carlo Ancelotti basta da sé a proiettare l’obiettivo di una squadra che allena: giocoforza quello massimo. Il Napoli perderà dunque quella paura di nominare il traguardo massimo: non la scaramanzia s’intenda, no no, proprio la paura. Guidati da Carlo Ancelotti non si gioca per il secondo posto. Un controsenso in termini, quando hai a che fare con il numero uno. Vogliamo accertarci di una cosa: deve essere chiaro che a cambiare è la proiezione del Napoli. La sua mission. Compreso alla perfezione questo aspetto, ma solo dopo averlo declinato a dovere, possiamo più volgarmente passare dagli obiettivi generali a quelli di calciomercato: il Napoli di Ancelotti sarà un Napoli diverso. Rispetto a quello di Sarri meno legato ad un solo impianto tattico base e più votato ad un’alternanza che faciliti il doppio percorso campionato-Champions League: da questi assunti cambia il modo di intendere e costruire la squadra che sarà. Impensabile che non siano stati concordati investimenti importanti, in parte giocoforza finanziati da alcune operazioni in uscita. Presto per procedere ai nomi dello Sliding Doors partenopeo: l’estate è lunga, il calciomercato non è neanche iniziato ed al Napoli sono già stati accostati una cinquantina di profili. No, non è abitudine di chi ora vi parla. Andiamoci piano e cerchiamo di comprendere le tracce, per poi riportarvele. Una certezza però ve la diamo: al Napoli sarà aggiunta esperienza vincente. Grazie al richiamo di Carlo Ancelotti ed a quel che rappresenta il suo nome, possono giungere all’ombra del Vesuvio calciatori che già hanno vinto altrove. E che, integrandosi con l’ottima base attualmente a disposizione, possono comporre il cocktail perfetto. Per un Napoli più scomodo che mai.