Se ne è andato perchè ci amava troppo - Calcio News 24
Connect with us

2014

Se ne è andato perchè ci amava troppo

Avatar di Redazione CalcioNews24

Published

on

prandelli italia marzo 2014 ifa scaled

Prandelli amava troppo l’Italia per non dire di no all’offerta troppo etica del Galatasaray

TI AMO TROPPO – «Ti lascio perché ti amo troppo» è un po’ come per un medico dire al paziente: «Ti lascio morire, perché sei troppo malato, quindi cacchio campi a fare?». O anche come per Bill Gates dire: «Mi riduco come un povero elemosinante dimenticato da Cristo perché sono troppo ricco». Voi ce lo vedete Bill a chiedere l’elemosina litigandosi un tozzo di pane con il barbone della villa comunale, quello che per 1 euro ti canta “Estate” dei Negramaro ruttando? Io sì. Ma non è questo il punto, il punto è che il troppo non esiste: in amore, in ricchezza e nelle risse tra neomelodici. Non esiste “ti ho dato troppe botte”, al massimo esiste “te ne ho date troppo poche, quindi quando esci dall’ospedale avvisami che nel mentre mi tengo occupato ripassandoti la fiancata dell’auto”.

LAURA DIXIT – Non esiste un troppo nemmeno nell’onestà intellettuale. Non si è mai troppo onesti intellettualmente, al massimo si è troppo ipocriti per rendersene conto. Laura Pausini canterebbe “Prandelli se ne è andato e non ritorna più, il volo Alitalia delle 7,30 senza lui è un cuore di metallo senza l’anima”. Perché Prandelli se ne è andato e forse, se ci dice bene, non torna, no. Non è una minaccia, ma una promessa: Prandelli era troppo attaccato alla sua Nazionale, troppo legato al suo lavoro, troppo amante della sua etica. Troppo, troppo. Allora se ne è andato, perché ci amava troppo: amava troppo l’Italia, la amava a tal punto da farla buttare fuori dal Mondiale nel girone della Costa Rica, come quegli uomini che lasciati dalla tipa le dicono: «Se non sei mia, non sarai di nessun altro, quindi sai che c’è di nuovo? Spero che diventi un bidone dell’umido con i brufoli di Cassano, così non ti caca più nessuno». La amava come quegli uomini che picchiano i cani e poi dicono di amare gli animali, non perché sono bugiardi, ma perché ne sono veramente convinti che per amare troppo una cosa, devi trattarla come se fosse una tua proprietà. Tua e di nessun altro.

CIO’ CHE E’, TUO E’ MIO – Claudio Cesare ha trattato la Nazionale come se fosse esclusivamente una sua proprietà: non era mia, non era vostra, non era dei tifosi, non era dei giornalisti e non era nemmeno della Federazione, non era semplicemente di tutti. Era sua e basta. Era talmente sua che ad un certo punto ci è sembrata non fosse più nostra: «Hanno buttato fuori l’Italia dal Mondiale? Cacchio mene… Mica è la mia Nazionale, è quella di Prandelli. Io tifo Burkina Faso, anzi ora che me l’hai ricordato fammi inviare 10 euro alla federazione, che quei poveretti aspettano solo i miei per comprarsi un pallone». Prandelli amava così tanto i suoi calciatori da scaricarli la frazione di secondo dopo il fischio finale della partita con l’Uruguay: loro si scannavano, lui aveva già il biglietto per Istanbul sul letto della stanza d’albergo. E poco importa che i calciatori in questione fossero davvero, ma davvero, ma davvero scarsi, che tra loro ci fosse un tarantolato barese ed un ghanese naturalizzato italiano che si colorava i capelli e le sopracciglia seguendo i tutorial di Clio Make Up, perché come tutti i calciatori del mondo, anche loro si affidavano al proprio allenatore ciecamente, pensando di essere troppo o troppo poco per lui, questo non lo sapremo mai, perché la verità è che erano semplicemente troppo ciechi per vedere l’inganno.

TROPPO, TROPPO – Prandelli era troppo concentrato su sé stesso, troppo preso dalle critiche per badare alla tattica e questa Nazionale era troppo sua perché fosse troppo forte. Alla fine se è andato via sbattendo la porta, senza dare una sola spiegazione del perché l’Italia fosse troppo scarsa: «Me ne vado perché non rubo lo stipendio ed ho rinnovato senza avere manco l’aumento», che suona come: «Me ne vado, perché vi amo troppo, ma siete pure troppo morti di fame, voi che guardate il centesimo del mio ingaggio, pezzenti». Cesare amava troppo la Nazionale, che era troppo sua per essere di nessun altro. Troppo grande la delusione per ricominciare da capo, di nuovo, subito. Ed infatti mentre gli altri c. t. dimissionari sono ancora lì, che attendono la fine del Mondiale per ripartire, che rimuginano sui loro fallimenti, lui è troppo contento di andarsene al Galatasaray. Non si è mai visto un c. t. che non aspetta nemmeno di posare i bagagli prima di ripartire per un’altra nazione: ma Prandelli è troppo furbo rispetto agli altri, troppo avanti e soprattutto troppo etico. Poi quei 4.5 milioni di euro l’anno che prenderà in Turchia per lui sono troppi. Troppi per dire no. In amore vince chi fugge e lui ci ha lasciato perché ci amava troppo. Il troppo stroppia, è vero, ma il problema qui è un altro: il troppo non esiste, per cui o siamo noi troppo stupidi per capire o Prandelli è troppo un paraculo.