2013
Sydney, Del Piero: «Juventus, puoi vincere scudetto e Champions!»
Lex capitano bianconero è convinto delle chance di successo della sua ex squadra.
SYDNEY FC JUVENTUS DEL PIERO – Le ultime giornate a Jesolo sfiorano i contorni di un fenomeno religioso: fiumi di persone che in processione aspettano con fiducia l’arrivo di Alessandro Del Piero per un saluto ed un autografo. Attirare la folla può essere semplice, riuscire a farlo per tanti giorno no, è da persone speciali, come appunto l’attaccante del Sydney, che in Veneto si sta preparando in vista della seconda stagione australiana. «È stato fatto un lavoro straordinario da parte di tutti e non lo dico perché il primo applauso va a mio fratello Stefano. In pochissimo tempo è stata organizzata ogni cosa nei minimi particolari. C’è stata disponibilità da parte di tutti gli enti. E’ difficile che si creino certe sinergie in modo così rapido e naturale, ma tutti hanno fatto la loro parte e il successo è dipeso anche da questo. Partita con il Padova? È stata la naturale conseguenza di un percorso. Bello tornare all’Appiani dove avevo giocato da bimbo. Mio padre Gino? Mi manca sempre. Però è vero che in alcune situazioni ho pensato più intensamente a papà. Come quando mi hanno intitolato un tratto del lungomare e hanno mostrato alcune immagini della mia vita: in una foto c’era lui», ha raccontato Del Piero nell’intervista rilasciata a “La Gazzetta dello Sport”, dove ha messo a confronto le culture sportive italiane e australiane: «La base di partenza è diversa, ma ci sono punti di contatto. Gli australiani sono molto anglosassoni: se subiscono un’entrata dura non dicono niente, ma reagiscono male a una gomitata o a una trattenuta. Non sopportano le scorrettezze. In Italia, invece, sui corner non sappiamo marcare senza furbate. Dal punto di vista tattico i giocatori australiani sono meno preparati perché non esiste il settore giovanile, ma i ragazzi sono liberi mentalmente, generosi, istintivi. Fascia da capitano? Loro spingono per darmela, a me piace mantenere gli equilibri di squadra. Ne sarei strafelice, ma prima ne parlerò con i compagni e comunque non cambierebbero il mio impegno e la mia dedizione. Calcio italiano prigioniero? Non c’è più nulla da scoprire. Guardiamo a cosa hanno fatto l’Inghilterra negli ultimi 15 anni e poi la Germania. Hanno costruito o ammodernato gli stadi, risolto il problema della sicurezza, lavorato sull’istruzione allo sport. Negli altri Paesi c’è rispetto delle regole, certezza della pena, onestà. I Rangers Glasgow, club storico, sono falliti e mica sono stati ripescati. In Italia sprecammo il Mondiale ’90: adesso serve una svolta radicale».
Inevitabile il discorso sul futuro e sulla Juventus: «In realtà io ho solo detto che deciderò dopo Natale, quindi tra il 26 dicembre e… Ferragosto. Comunque credo che gennaio e febbraio saranno i mesi in cui dovrò fare due chiacchiere con me stesso. Guerra tra Delpieristi e Agnelliani? È una vicenda che ha infinite sfumature. Si è trattato di un addio traumatico che ha lasciato strascichi inevitabili. Io non voglio dividere nessuno: chi tifa per la Juve può anche tifare per il Sydney. I bianconeri hanno detto che la 10 sarà sempre mia? È stata la più grande gratificazione da parte loro. Ringrazio Arturo, Pirlo, Marchisio, Buffon, tutti coloro che avrebbero potuto prenderla. E rido dentro, per la felicità. In passato la mia Juve aveva come obiettivo anche la Champions, che ti succhia molte energie, e una rosa meno ampia. Adesso ci sono due giocatori per ogni ruolo, in questo momento la Juve ha sei attaccanti. C’è la possibilità di scegliere. Con la rosa così vasta la Juve può provare serenamente a vincere il terzo scudetto consecutivo e anche a giocare per la Champions. A noi capitava inconsciamente di pensare che in campionato avevamo tempo per recuperare, ma poi questo tempo non c’era».
La bandiera bianconera ha poi respinto le accuse di chi lo considera un personaggio costruito: «Ma se uno è costruito, prima o poi la falla la trovi. Io ho i miei difetti, ma non dipendono da un atteggiamento poco spontaneo o studiato. Mi comporto ricordando com’ero io da bambino quando guardavo i miei idoli. Con l’obiettivo continuamente puntato addosso non è semplice essere se stessi. Ma io penso sempre ai bambini che mi guardano e assorbono tutto. Avverto questo senso di responsabilità. Chi è più grande tra Baggio, Totti e Del Piero? Abbiamo vinto tutti e tre anche solo per il fatto di essere stati inseriti nel vostro dibattito. Io, Roberto e Francesco abbiamo avuto percorsi diversi. Poi bisogna intendersi sul concetto di grandezza. Significa scrivere la storia: non c’è nulla come questo. E poi c’è un altro step, quello più alto: entrare nel cuore della gente».