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2014

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Il Mondiale delle (cinque) stelle: Brasile 2014 governato dal talento

MESSI NEYMAR RODRIGUEZ MULLER ROBBEN – E’ il Mondiale dei top? Sì, potete asserirlo senza possibilità di essere smentiti. Se la massima rassegna internazionale viene storicamente decisa dal talento – basta ricordare tra gli altri i vari Pelè, Maradona, Zidane, Ronaldo, Iniesta – i talenti di oggi non hanno di certo tolto luce alla secolare tradizione.

L’ARGENTINA DI MESSI – Alla Pulce mancava soltanto l’affermazione con la sua nazionale, quell’Argentina il cui popolo mai gli ha perdonato le mancanze in Seleccion al cospetto delle stellari prestazioni a livello di club. Il Mondiale di Leo Messi ad oggi è la migliore risposta possibile: il pianeta calcio attendeva il là per la definitiva bocciatura ma ad oggi si è inchinato alle strepitose perle del fenomeno argentino. Quattro gol, uno più bello dell’altro, unite alla prestazione totale fornita contro l’indomita Svizzera: l’assist servito a Di Maria dopo 118 minuti di battaglia è il simbolo del suo Mondiale. Messi c’è e grazie a lui l’Argentina: all’orizzonte la chance di vincere il Mondiale in Brasile. Sì, proprio in Brasile: il destino lo ha messo di fronte all’opportunità di diventare insindacabilmente il numero uno della storia. Legittimato, questa volta, proprio dalla sua patria.

IL BRASILE  DI NEYMAR – Il Dio del calcio ha disegnato un’irraccontabile finale tra Argentina e Brasile? Se Messi aveva gli occhi puntati addosso per Neymar possiamo parlare di veri e propri fucili: troppo immaturo per reggere il passaggio in Europa, figurarsi se sarà in grado di tenere botta all’urto di un popolo che vuole vincere il Mondiale e dettare calcio. Lui, l’unico vero talento di un Brasile mai così poco estroso. La risposta del gioiello verdeoro è perentoria: quattro reti, presenza costante, giocate da fuoriserie e soprattutto Neymar-dipendenza. Quando ha girato lui ha girato il Brasile, quando si è fermato lui si è fermato il Brasile. La personalità? Se avete ancora dubbi pensate al quinto rigore con il Cile. Classe 1992, se non hai gli attributi in quel posto, in quel momento, non ci vai.

LA COLOMBIA DI JAMES – Iradiddio. E’ bastata la prima uscita ufficiale nello scenario di Brasile 2014 per tranquillizzare un intero popolo: non temete per l’assenza di Falcao, voi avete me. Dove sarebbe arrivata questa scintillante Colombia con una bocca da fuoco quale Radamel Falcao solo in cielo lo sanno ma se i Cafeteros vedono le proprie ambizioni soltanto parzialmente ridotte lo devono al loro nuovo numero 10: James Rodriguez, classe 1991, è un trequartista che dispensa numeri e talento da oramai tre anni ma ad impressionare è stata la personalità inscenata nell’imporsi a determinati livelli. Ai massimi sentieri del calcio mondiale. Cinque gol e tanta poesia. Il quarto di finale con il Brasile è già storia: sarà una partita che ogni rispettabile amante del pallone rotondo rivedrà almeno un paio di volte.

L’OLANDA DI ROBBEN – Se tutti gli altri camminano sulle proprie gambe Arjen Robben ha ottenuto dalla Fifa un particolare permesso: girare per i campi brasiliani in motorino. All’apparenza non si può ma per quanto visto sembra proprio il contrario. Le partite dell’Olanda sono talmente caotiche sotto il profilo tattico che davvero non ci si raccapezza, non si comprende nulla se non una costante: ad un certo punto Robben prenderà palla, salterà tutti in velocità e deciderà la partita. Non propriamente incoraggiante per gli avversari scontrarsi con una situazione del genere. Ed ecco come un’outsider della vigilia vede quantomeno alla portata una clamorosa semifinale.

LA GERMANIA DI MULLER – La nazionale tedesca per sue caratteristiche storicamente intrinseche funziona più da collettivo che da modello di esaltazione dei singoli: citarne uno toglie al resto. Ma uno strappo alla regola va fatto e si chiama Thomas Muller: quattro reti con la tripletta rifilata al Portogallo, nove le segnature nella storia del Mondiale e, a venticinque anni, rappresenta un dato davvero sensazionale. Ma Muller, che tra l’altro non è affatto un attaccante di ruolo, non è solo gol: corsa, dinamismo, fisicità, qualità ed assist (è lui a mandare in rete Schurrle nel decisamente complesso ottavo di finale con l’Algeria). Vuoi o non vuoi Thomas Muller – questo cognome deve portare decisamente alla causa tedesca – entra nella quasi totalità dei gol della sua Germania ed è un fattore di inestimabile rilievo.

NE RESTANO TRE – Per adeguare il quadro definitivo dei quarti di finale di un pazzesco Brasile 2014 mancano all’appello Francia, Belgio e Costa Rica: nei transalpini Karim Benzema ha finalmente messo in luce quelle doti di leader che finora, a causa della concomitanza a livello di club con primissime donne, mai erano emerse. Il Belgio della generazione d’oro è guidato dallo sconfinato talento di Eden Hazard: è paradossale come gli uomini di Wilmots abbiano ad oggi vinto tutte le partite disputate ma non convinto sotto il profilo della prestazione. Nel faccia a faccia con Messi il fuoriserie Hazard sarà chiamato a brillare più di quanto (tanto) avviene costantemente. La Costa Rica è la reale favola del Mondiale – dopo aver vinto un girone che prevedeva all’attivo ben sette Coppe del Mondo ha dato il benservito anche alla Grecia – ed è davvero ingeneroso elevare un attore più di un altro: potremmo discorrere sulla forza di Campbell o sulla tempestività di Ruiz ma è giusto che si parli della Costa Rica e non dei suoi singoli. Peccato che di partite ne manchino soltanto otto: è mai arrivato così in alto il calcio? Sarà dura salutarti, caro Brasile 2014.