Mancini, Thohir e la prima Juve di Conte - Calcio News 24
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2015

Mancini, Thohir e la prima Juve di Conte

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Male la prima ma è ora di girare pagina: l’auspicio di Roberto Mancini per una grande Inter

Male la prima. O meglio: la prima della versione bis. Il ritorno di Roberto Mancini alla guida dell’Inter non è si è sicuramente delineato sui binari che l’ambiente nerazzurro aveva auspicato: riaccolto a braccia aperte in quella che è diventata la sua casa da un popolo esausto dalle lamentele di Mazzarri, i risultati non hanno conosciuto miglioramenti significativi e l’Inter si ritrova di fatto fuori dalle competizioni europee.

COSA NON VA – La squadra sbaglia tanto (troppo) a livello individuale ed è segnale di almeno due preoccupanti fattori: un livello dei singoli non appropriato – almeno in determinati comparti di campo – agli obiettivi che un club come l’Inter deve necessariamente prefiggersi e carenza di concentrazione. La creatura di Mancini non funziona e lo dimostra anche quando apparentemente in controllo della gara: vedi la recente trasferta di Genova, due volte in vantaggio ed in predominio territoriale, puntualmente arriva la frittata del singolo – nell’occasione Handanovic e Ranocchia – che manda in cortocircuito la squadra, poi incapace a fornire alcuna reazione degna di nota.

L’AUSPICIO DI MANCINI – Le conferenze dell’attuale allenatore dell’Inter raramente lasciano qualcosa al caso ed il Mancio dunque ripete all’unisono alcune considerazioni: quando una squadra funziona riesce a camminare a prescindere dagli interpreti che scendono in campo, si creano degli automatismi che bastano da sé. Il riferimento poco velato va dritto alla sua prima Inter, quella degli scudetti messi in fila l’uno dopo l’altro, quella che oggi neanche può essere eletta a benchmark di questa Inter: distanze troppo ampie per ambire a quel genere di rendimento, consigliabile invece procedere per passi. Certo, nel calcio mai dire mai e ad esempio proprio la prima Juventus di Conte ha dimostrato come si possa migrare dagli inferi al paradiso in men che si pensi, ma ora – ed è l’altro aspetto, peraltro collegato, sovente ricordato dalle parole di Mancini – occorrono investimenti in personalità. Che innanzitutto, sul piano concreto, spazzino via tutte quelle disattenzioni a cui ci si riferiva, poi che acquisiscano quelle vesti di leadership di uno spogliatoio in cerca di guide spirituali.

CON THOHIR AMBIZIONI NON NASCOSTE – L’imprenditore thailandese non fa mistero di voler costruire un’Inter di successo e non storce il naso di fronte all’obbligatorietà di spese rilevanti per aderire alle richieste di Roberto Mancini: una squadra che lotti per lo scudetto. L’Inter non prenderà parte alla prossima Europa League e per tale ragione non avrà lo stringente controllo del fair play finanziario a tarpare le ali di quel calciomercato che dovrà alterare la storia nerazzurra: Yaya Tourè l’identikit indicato, il fastidio procurato alla Juventus nell’affaire Dybala lascia intendere la volontà di investire massicciamente anche su un attaccante che sia in grado – con Icardi – di far realmente saltare il banco. Piatto che prevede il necessario rilancio di Xherdan Shaqiri nel progetto dell’Inter che sarà, il resto lo farà la chiarezza sulle figure di Kovacic ed Hernanes ed un paio di difensori – un centrale ed un laterale – che possano solidificare l’intelaiatura generale. L’allenatore c’è: con una proprietà forte i sogni di grandezza potrebbero rivelarsi non così irrealizzabili.