2014
Kompany: «Che angoscia il 2006, poi…»
Il capitano del City si racconta prima della sfida contro la Roma
MANCHESTER CITY KOMPANY – Uno dei rimpianti di Sir Alex Ferguson, che avrebbe voluto portarlo al Manchester United nel 2003, è Vincent Kompany, finito sull’altra sponda di Manchester, il City, dove è diventato capitano e leader. In vista della sfida di Champions League contro la Roma il difensore ha ripercorso le tappe principali della sua carriera: «Penso di aver sempre avuto una forte personalità. All’Anderlecht ho scoperto subito il successo. Ma ho continuato a studiare. Amburgo? Le cose vanno subito male, dopo soli 2 mesi. Mi stiro un tendine d’Achille, mi opero. Di colpo passo da top talent a flop. Ciò mi ha insegnato quanto velocemente le cose possono cambiare. Più la gente perdeva fede in me, più mi accanivo. Ricordo di essere stato da solo a fare esercizi in palestra nelle vacanze di Natale. In quell’anno viene diagnosticato un cancro sia a mia madre Jocelyne (che presto ne muore, ndr) che a mia sorella. È stato il periodo più duro della mia vita, ma non ho mai pensato “Ora smetto”. Ma allora ho imparato a non cercare mai scuse», ha raccontato il calciatore belga ai microfoni di ExtraTime, rubrica de La Gazzetta dello Sport.
IL SALTO – Kompany, che dopo le sue difficoltà ha deciso di farsi carico di quelle degli altri, tanto da diventare ambasciatore di SOS Children’s Villages, ha parlato poi del suo addio all’Amburgo e del suo passaggio al Manchester City: «Avevano perso ogni speranza. E cercavano di vendermi. A ferragosto dovevamo affrontare il Bayern. Gara nella quale finii in panchina, mentre i miei compagni del Belgio battevano l’Italia ai quarti. In quel momento ho pensato: “Ora basta!”. Così ho accettato la proposta del City e al mio 1° match a Manchester sono stato premiato Man of the match. Da allora la carriera è decollata».
EXTRA-CALCIO – Kompany, però, ha provato ad offrire il suo contributo anche per altri progetti: con la moglie Carla ha fondato VICA per dare ai giovani i mezzi per crescere a livello artistico, con la sorella Christel, invece, lavora ad un progetto social-sportivo con iscrizioni economiche e borse di studio: «Io amo Bruxelles, ma so che ha problemi che però possono essere affrontati: povertà, disoccupazione giovanile, mancanza di opportunità. Ma anche talento e fame di successo. Non siamo in Africa, possiamo offrire altre chance. Ma dobbiamo aiutare, so che talvolta non è facile uscire da una certa situazione. Io punto sull’educazione, sul multilinguismo, parlare 3 o 4 lingue qui è fondamentale. I bimbi possono comunicare di più fra loro e aprirsi agli altri», ha spiegato il capitano del City.