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2014

De Laurentiis, perché voti Tavecchio?

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de laurentiis napoli giugno 2014 ifa

Elezioni FIGC, impensabile gridare alla rivoluzione e poi appoggiare un ex Dc

FIGC TAVECCHIO ALBERTINI DE LAURENTIIS – Diciamocela tutta: il presidente del Napoli ce la suona da oramai dieci anni con la storia del profondo rinnovamento del sistema calcio. Non ha mai perso occasione – anche quando il tema del dibattito riguardava tutt’altro – per lanciare bordate all’inefficacia dei vertici dirigenziali ed invocare un’inequivocabile e totale ristrutturazione.

ED ORA TAVECCHIO – A quindici giorni dall’elezione del nuovo presidente federale la poltrona della FIGC attende il suo nuovo incaricato: stando alle intenzioni di voto palesemente espresse Carlo Tavecchio – attuale presidente della Lega Nazionale Dilettanti – può contare sull’appoggio incondizionato di Andrea Abodi (presidente Lega Serie B), Mario Macalli (presidente Lega Pro) e diciotto dei venti club di Serie A. Un plebiscito le cui voci fuori coro sono rappresentate da Juventus, Roma, Assocalciatori per bocca del suo presidente Damiano Tommasi ed Associazione Italiana Allenatori Calcio come dichiarato dal presidente Renzo Ulivieri.

RINNOVAMENTO POSSIBILE? – L’Anno Zero del calcio italiano, irrimediabilmente sancito dalla doppia e consecutiva eliminazione dell’Italia alla fase a gironi del Mondiale ma già ampiamente segnalato dalle spie delle recenti inadeguatezze mostrate dai club nostrani a livello internazionale, ha velocizzato un processo in essere: cambiare nomi e leggi. E dunque incarichi e riforme. La convinta opinione personale è quella che si debba ripartire dalle idee prima che dagli uomini e che la carta d’identità conti solo per quanto messo sul piatto della rivoluzione, ma è lecito sperare nella tanto agognata sterzata ripartendo da Carlo Tavecchio? Classe 1943, nei meandri dirigenziali del sistema calcio da quasi trent’anni, politico da una vita ed esponente dell’ex Democrazia Cristiana, dal 2007 vicepresidente della FIGC e dal 2009 vicario della stessa: insomma, è possibile appellarlo come l’uomo nuovo tanto atteso? Onestamente, a prescindere dal merito o dalle opinioni e considerando l’attualità in cui versa il prodotto calcio, risulta difficile credere nelle intenzioni di chi certamente non ha vissuto finora su un altro pianeta.

BISOGNO DI ALTRO – Non fosse perché mai come oggi si avverte imperiosa la necessità di nuovo: anche un segnale, forte, può fare la sua parte. E quel segnale non può essere legato a chi – oltre a quanto appena riportato – associa le banane alla descrizione dei calciatori extracomunitari. Pur scarsi che siano. Episodio sgradevole di cui mai si sarebbe reso protagonista il suo concorrente, Demetrio Albertini, figura che almeno per l’opinione di chi ora vi scrive risulta di tutt’altro calibro e spessore. Ed educazione, fattore troppe volte dimenticato. Il suo curriculum è noto a tutti ed è superfluo sviolinarlo: persona seria oltre ogni ragionevole dubbio, anche lui dal 2007 vicepresidente della FIGC – se dal cilindro uscisse un nome del tutto nuovo, magari anche rischioso, chi davvero tifa per il cambiamento non verserebbe una lacrima – ma anima e corpo dei tentativi di riforme approcciati in questi duri anni e mai riusciti per colpa dell’immobilismo di chi a parole manifestava ventate di freschezza ma che nei fatti propendeva per lo status quo.

ED ALLORA PERCHE’, CARO DE LAURENTIIS? – A leggere la dichiarazione di intenti del presidente del Napoli risulta complesso farsene una ragione. La litania del cambiamento invocata senza sosta e poi, al momento della decisione che può realmente cambiare le carte in tavola, l’appoggio al signor Tavecchio? No. Non si può comprendere. Sì, c’è incoerenza tra parole e fatti. Nelle parole il nuovo corso, nei fatti l’immobilismo. Massima stima per chi mantiene il Napoli da anni ad alti livelli rispettando i paletti del financial fair play ma in questo caso è difficile dare risposte, le chiediamo a lui. Lui che ha sempre chiesto a noi giornalisti di scrivere di calcio in maniera dirompente: ci proviamo, presidente. Così come dal Milan ci si sarebbe atteso un voto diverso. Non è casuale però che, all’interno della Serie A, il fronte contrario sia composto dalle sole Roma e Juventus. Due club che, magari nell’ottica di un livello medio tutt’altro che elevato, sono un passo avanti sul piano della gestione, della programmazione – vedi costruzione del nuovo stadio, già ultimato dalla Juventus ed in attesa di edificazione dalla Roma – e non a caso dei risultati. Prima e seconda forza del recente campionato, la visione sembra essere comune. Andrea Agnelli è stato provocatoriamente appellato come rottamatore ma almeno in questa battaglia ci sta mettendo la faccia. Perché è impensabile gridare alla rivoluzione e poi appoggiare un ex Dc. Non è ancora tardi per tornare indietro. O meglio, andare avanti.