2014
Esclusiva – Mondonico: «Immagino la voglia di Vilanova di vincere la battaglia, ma ha trovato un avversario dal quale non puoi difenderti»
Ha sconvolto il mondo calcistico e non solo la notizia di pochi minuti fa della morte a soli 45 anni di Tito Vilanova, ex tecnico del Barcellona, a causa del sorgere di complicazioni a livello gastrico dovute all’aggravarsi del tumore alla ghiandola parotidea. Colpito dalla malattia nel 2011, Vilanova si era sottoposto a quattro interventi per arginare il male. E’ intervenuto a tal proposito in esclusiva a Calcionews24.com l’ex tecnico di Albinoleffe e Torino Emiliano Mondonico, anche lui colpito da un tumore, all’addome, nel gennaio del 2011.
L’amore per il calcio, ciò che è considerato come la vita per un allenatore od un giocatore, quanto ha fatto la differenza nel suo caso per affrontare questa battaglia?
«Il calcio è fatto di vittorie e di sconfitte, e perciò devi mettere in conto prima di una partita anche di perderla; perciò quando ho avuto quel problema, parlando calcisticamente sapevo che si poteva vincerla e si poteva perderla, o si poteva continuare diversamente. E’ chiaro che ero pronto ad affrontare ciò che la sorte mi avrebbe portato; nel calcio si dice tanto che si deve saper perdere, la filosofia del rispetto, ed è chiaro che una situazione come questa devi metterla in preventivo, e devi fare tutto per vincerla, proprio come in una partita di calcio. Succede anche il contrario purtroppo, ed immagino la disperazione e soprattutto la voglia di quest’uomo (Vilanova) di vincere, ma ha trovato un avversario particolare, dal quale non sai come difenderti, la tua squadra deve essere perfetto e spesso neanche questo basta. Se devo pensare a quei momenti c’era la voglia di vincere ma in preventivo c’era anche la sconfitta».
Lei era alla guida dell’Albinoleffe alla scoperta della malattia, è riuscito a vivere il calcio con la stessa gioia od ha influito negativamente?
«Assolutamente, il calcio era quella cosa importante che controbatteva il fatto di avere un tumore; senza il calcio sarei impazzito al pensiero di quello che avevo dentro; il calcio, allenarmi, stare sul campo mi dava un motivo ancora più grande. Il calcio mi ha dato tantissimo, c’è stata la possibilità anche con il male dentro di continuare la mia vita calcistica».
Vilanova ha lasciato la guida del Barcellona quando ha visto di non poter più contemplare malattia e calcio, preferendo seguire il figlio nella cantera blaugrana.
«Pensando alla grandezza della vita, il calcio ti aiuta a fare la partita, ma ci vuole l’amore di un figlio per permetterti di continuare. Ha fatto bene, è stata l’unica soluzione per andare oltre e continuare a combattere. E’ fondamentale la vicinanza di un figlio e di una famiglia, in ciò è racchiuso tutto».
La prevenzione presente è sufficiente?
«Io ogni anno ho fatto tutti gli esami possibili ed immaginabili e mi han trovato un tumore di otto chili nella pancia che non può essere nato dall’oggi al domani. La prevenzione va bene ma l’avversario è subdolo, cerchi di chiuderlo sulla fascia destro ma sfonda sulla fascia sinistra. La prevenzione ti aiuta a coprire una fascia o una zona, ma l’avversario è così imprevedibile che sei sguarnito il più delle volte quando attacca; con la prevenzione sappiamo che almeno in una metà campo la malattia non ci fa paura, e l’altra metà campo fa parte del destino, contro il quale il calcio e lo sport aiuta. Quante volte abbiamo affrontato qualcuno che era più forte e sicuramente non siamo partiti bene?».