Siena, Cosmi: "Vorrei essere ricordato anche per la tattica. Lecce..." - Calcio News 24
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Siena, Cosmi: “Vorrei essere ricordato anche per la tattica. Lecce…”

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SIENA COSMI LECCE TATTICA GRINTA PERUGIA PALERMO – Serse Cosmi, ospite della Tribù del Calcio, in onda su Mediaset Premium questa sera, ha raccontato la propria carriera da allenatore. Questo quanto evidenziato da Calcionews24.com:

“Quando giocavo non avrei mai pensato di poter diventare un allenatore di Serie A. Ho disputato tutti i campionato italiani dalla prima categoria in su. Ho vinto l’intertoto con la squadra della mia città. Mio padre era un uomo che si schierava sempre era un fanatico di Coppi, quest’ultimo perse un fratello che si chiamava Serse. Io nacqui qualche anno dopo e mi chiamò così, Tutti pensano che porti il cappellino per la calvizia, ma l’ho accettata e non l’ho mai considerata come un qualcosa che mi potesse far star male. Ho usato il cappellino come mezzo, come indumento. Per chi tifavo? L’Inter, mi piaceva molto Corso. Poi mi piaceva Cordoba e per questo fui simpatizzante per la Roma, avevo capito che i giallorossi erano fuori da alcuni poteri, e al bar ero solo contro tutti, pensavo non avessero vinto e invece con Falcao vinsero anche loro. Gaucci voleva creare un nuovo progetto e mi chiamò a Perugia. Finchè non c’è stata la firma non ci credevo. Sarò sempre grato a Gaucci perchè ha avuto il coraggio di rischiare, ha cambiato la mia vita e quella dei miei figli. Mi disse che avrei avuto una retribuzione da Serie C finchè non avrei dimostrato di essere da Serie A e così fu. La promozione col Genoa? Doveva essere una grandissima festa ma poi…Genoa è una società con un pubblico che chiede altre cose rispetto alla vittoria, c’è un’identità incredibile tra squadra e tifosi. Sono entrato nella loro mentalità e abbiamo finito da primi. Non riuscire a gioire per una vittoria così è stata una compressione che non auguro a nessuno. Palermo? Non potevo rifiutare nel momento in cui non allenavo. Una bella squadra, una società organizzata, un presidente particolare ma puntuale dal punto di vista economico. Zamparini mi disse di tirare fuori il massimo, per l’unica volta nella mia carriera non sono riuscito ad entrare in una squadra. L’inno della Champions con l’Udinese? L’ho sentio 6 volte, pensi a tutto meno che alla partita che devi giocare. Eravamo a pochi secondi dagli ottavi ma avevamo centrato i preliminari. Poi da lì è crollato tutto perchè poi non ero me stesso, ho fatto degli errori e la stagione culminò col mio primo esonero. Avessi usato più cervello che cuore…Lecce? Non pensavo di potermi emozionare così. Mi hanno voluto bene tutto, accettavano con dignità i risultati negativi. Il Salento è un posto magico, Lecce una città meravigliosa. Dissi alla squadra che era impossibile non tirare fuori quello che l’ambiente poteva darti, bisognava rubare queste cose e riproporle in campo. Se non vivessi a Perugia vivrei solo a Lecce. Vorrei che non si parlasse delle mie squadre solo come squadre grintose, vorrei essere considerato come un allenatore che fa l’allenatore. Sono stato uno dei primi a mettere un fantasista davanti alla difesa come Liverani. 3-5-2? Ora lo fanno tutti e lo cambio (sorride). Non l’ho inventato io perchè Scala lo faceva prima. Voglio uscire dallo stereotipo della grinta e del cappellino ed essere considerato come un allenatore bravo tatticamente”