Benatia: «Guidolin è l'allenatore a cui devo di più. Marsiglia? I giocatori devono metterci passione. Su CR7 dico una cosa»
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Benatia: «Guidolin è l’allenatore a cui devo di più. Marsiglia? I giocatori devono metterci passione. Su CR7 dico una cosa»

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Benatia in una lunga intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’ ha parlato del passato, ma anche del presente. Senza tralasciare alcuni retroscena

Medhi Benatia, ex difensore di Udinese, Roma, Bayern e Juventus, è oggi un apprezzato dirigente del Marsiglia. Dopo una parentesi da agente, è tornato nel club dove tutto era iniziato, portando la sua esperienza e la sua grinta. In questa intervista a La Gazzetta dello Sport, ripercorre la sua carriera, i rapporti con gli allenatori che lo hanno segnato, le delusioni e i trionfi, e svela i retroscena del suo lavoro attuale, a partire dal colpo De Zerbi.

L’ALLENATORE A CUI DEVE DI PIU’ «Guidolin. Ero ancora un mezzo giocatore, i Pozzo mi presero dalla B francese. Non mi conosceva, l’ho colpito perché ero un lottatore: voleva gente col coltello tra i denti, mi ha insegnato che non si deve regalare nulla. Concetti che mi porto dietro ancora adesso, perché nel calcio conta la serietà».

IL MARSIGLIA «Quando arrivai al Marsiglia, nel novembre 2023, la squadra veniva da 5 sconfitte di fila. Ricordo giocatori sull’aereo che ridevano. Dissi a Pablo Longoria, il presidente: “Io in un club così non ci sto, sennò finisce male”. I giocatori ci devono mettere passione».

LA RIVOLUZIONE «A luglio 2024 abbiamo deciso di cambiare 13-14 giocatori per portare grinta. Abbiamo inserito gente come Hojbjerg, Facundo Medina e Pavard. Nel calcio la passione si sta perdendo».

CR7 «Quando Guidolin ci lasciava liberi io mi allenavo lo stesso, ora nessuno lo fa. Ronaldo una volta, di ritorno da una trasferta in cui non avevamo giocato, mi chiese di accompagnarlo in palestra alle 23, ma io andai a casa. Non a caso CR7 è il numero uno e ha fatto la storia del calcio».

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TOTTI «Con Checco siamo molto amici, era bello goderselo in allenamento, per la classe, gli scherzi e le risate. A Roma sono stato un anno, mi hanno dato del mercenario ma io non sarei mai andato via: l’addio mi ha spaccato il cuore. Volevo rinnovare ma Sabatini, a cui devo tantissimo, a un certo punto mi disse che dovevano vendermi per il fair play finanziario. Oggi da dirigente lo capisco, allora no. Mi fece arrabbiare, chiesi la cessione perché avevo perso la fiducia, ma io volevo vincere a Roma».

LA JUVENTUS E ALLEGRI «Venivo da una stagione al top e stavo trattando il rinnovo con Paratici. Quando seppi che sarebbe tornato Bonucci dissi ad Allegri che non volevo giocare una volta su quattro, ma lui mi rassicurò. Feci bene col Milan ma poi finii in panchina e a gennaio chiesi la cessione. Con Max e Landucci però ho un buon rapporto».

DE ZERBI «Roberto è completamente matto di calcio. Tanti tecnici portano a casa le partite anche giocando male e sono pure felici, lui no, non s’accontenta mai. Dopo il 5-1 al Nizza scuoteva la testa e ripeteva che avremmo potuto giocare meglio. Lo faceva pure Guardiola, che ho avuto al Bayern. È un perfezionista, sta in ufficio tutto il giorno. Ha solo il calcio in testa, muore per le sue idee e dice le cose in faccia. Lo avevo conosciuto a Brighton quando facevo il procuratore, nell’estate 2024 quando ho saputo che si stava liberando l’ho chiamato subito e l’ho convinto col progetto. La scorsa stagione siamo andati in Champions e siamo arrivati secondi dopo tante difficoltà».