2014
La partita più difficile
Quando il calcio diventa vita, storia di chi non ce l’ha fatta e di chi invece è tornato a sorridere
ADIOS TITO – Il calcio è la cosa più importante tra le cose meno importanti, diceva Arrigo Sacchi. Una frase buona per tutte le stagioni, ma che perde completamente di valore davanti a notizie come quella di Tito Vilanova. E’ allora che il calcio si ferma e i tifosi si mettono a pensare, perché i tifosi non sono tutti delle belve. La morte di Vilanova ha scosso il calcio mondiale, non c’è che dire, basta solamente pensare che Tito lo scorso anno era in panchina con il suo Barcellona a vincere la Liga e in semifinale di Champions League e ci sarebbe stato anche quest’anno se solo la malattia gli avesse dato tregua. Una storia tormentata quella di Vilanova, sul cui volto seppur involontariamente erano presenti i tratti della sofferenza, uno sguardo triste e un modo di fare delicato e pacato, quasi segnato. Non lo dimenticherà nessuno a Barcellona e nel resto del mondo, perché la sua storia ha colpito tutti e un finale del genere ha lasciato di stucco pure i rivali del Real Madrid e quel Mourinho che gli infilò un dito nell’occhio nella Supercoppa di due anni fa. Il calcio è in lutto.
CARMELO E ANDREA – Vilanova non ce l’ha fatta e come lui anche altri personaggi di spicco del mondo del calcio degli ultimi tempi, solo che Tito, essendo stato allenatore del Barcellona, ha avuto un risalto mediatico maggiore. Carmelo Imbriani, onesto attaccante tra i Novanta e i Duemila, voleva fare anche lui l’allenatore e ci stava riuscendo alla guida del Benevento: una prima buona stagione da subentrato e poi in estate la bruttissima notizia prima del ritiro estivo, Imbriani deve lasciare per il sopraggiungere del Linfoma di Hodgkin. Un anno di messaggi, di raccolte fondi, di giocatori che si mobilitano per aiutare un uomo di trentasette anni ancor prima di un calciatore. Poi però purtroppo il 15 febbraio 2013 ci ha lasciato anche lui. Chi non ce l’ha fatta è stato anche Andrea Fortunato, che si è spento a soli 24 anni quando giocava nella Juventus (e in nazionale) e improvvisamente subì un crollo di rendimento per le condizioni fisiche non ottimali. I medici scoprirono il perché: leucemia. I tifosi juventini e la società si strinsero attorno a lui e, quando sembrava tutto volgere per il meglio, una polmonite peggiorò le condizioni e lo portò alla morte nel 1995. Era il 25 aprile, esattamente diciannove anni prima di Tito Vilanova. E’ veramente assurdo quanto il calcio conti poco di fronte a storie come queste, o come quelle del 20enne Tombides del West Ham o del 29enne Servi della Lupa Roma, entrambi deceduti nel 2013-14 a causa del cancro.
YOU’LL NEVER WALK ALONE – Emiliano Mondonico è uno che ce l’ha fatta invece, la sua storia fece il giro d’Italia qualche anno fa ma il Mondo, colpito da sarcoma, ha mostrato quella determinazione e quella forza che ha infuso anche da allenatore ai suoi giocatori e ha sconfitto quel male terribile, togliendosi poi lo sfizio di tornare in Serie A e andare a vincere a San Siro contro l’Inter. Invece stanno facendo il giro del mondo le immagini di Klas Ingesson, alto e aitante ex giocatore di Bologna, Bari e Lecce, adesso quasi irriconoscibile così gonfio sulla sedia a rotelle: si stringe il cuori a noi amanti del calcio, perché sono persone che hanno fatto la storia del pallone ma anche la nostra, che fosse da tifosi o da avversari. Adesso Ingesson, allenatore dell’Elfsborg, ha sconfitto due volte un mieloma multiplo ma la malattia lo ha segnato in maniera visibile, però vedere i suoi tifosi che lo esaltano mentre viene accompagnato sotto la curva fa scendere qualche lacrima. Si piange copiosamente invece se si parla di Stilijan Petrov, ex di Aston Villa e Celtic, che ha dovuto abbandonare anzitempo la carriera per una leucemia acuta: l’accoglienza dei tifosi nella partita d’addio per lo “skipper” di Villans e Bhoys è qualcosa di incredibile.
LA PIEGA DEGLI EVENTI – E’ quando il calcio intreccia i suoi binari con quelli della vita che si scopre quanto il pallone sia solo un gioco, un gioco miliardario certo ma che si trova impreparato davanti a faccende del genere. Abituati a giudicare i giocatori dal colore della maglia, anche i tifosi si stringono assieme e sostengono degli uomini in difficoltà. E molto spesso fortunatamente le cose vanno pure a buon fine, ne sa qualcosa Eric Abidal, più volte vicino all’addio al calcio (qui si parla di addio al calcio, ma i rischi erano ben peggiori) per un tumore al fegato ma ancora adesso in campo con la maglia del Monaco. Oppure Arjen Robben, che molti ignorano essere stato colpito da un tumore ai testicoli nel 2004: furono giorni di paura per Robben, che però dopo un delicato intervento chirurgico è tornato sui campi da gioco e ha vinto una Champions League. O ancora i portieri Molina e Aragoneses o il bulgaro Lubos Penev, curiosamente tutti militanti nella Liga Spagnola negli anni Novanta e in quelli a venire, tutti in bilico tra la vita e la morte e poi tornati a calcare i terreni del campionato iberico, osannati anche dai tifosi avversari. Pure Brian Laudrup – in Italia con Fiorentina e Milan – ha vinto la sua personale battaglia. La speranza ovviamente è quella che anche Francesco Acerbi possa tornare in Serie A. Il coraggio e la grinta di certo non gli mancano, così come l’appoggio di compagni e sistema calcio. A volte le partite più difficili non si giocano sul rettangolo verde, ma non è detto che non si possano ugualmente vincere.