2014
Champions e Europa League, semifinali: il punto dopo il primo round
Analisi e primo bilancio dopo le gare d’andata delle semifinali europee
UEFA CHAMPIONS EUROPA LEAGUE – Si è tanto discusso del pizzico di Italia nelle semifinali di Champions League, parlando del passato dei tecnici, da José Mourinho a Carlo Ancelotti, da Diego Simeone a Pep Guardiola, ma in realtà c’è stato molto di più dei semplici curriculum e ricorsi storici a tinta tricolore. Dopo le gare d’andata è emerso un dato inequivocabile: ad avere la meglio è stato il buon vecchio “catenaccio” all’italiana. Prendiamo Atletico Madrid-Chelsea, ad esempio: dieci uomini, quelli Blues, dietro la linea del pallone, mentre Torres aspettava il lancio lungo per pedalare dall’altra parte. E allora bye bye possesso palla, meglio la costruzione di un muro difensivo e di una cerniera a centrocampo per tenere a bada la fantasia dei Colchoneros. L’uomo chiave poteva essere Diego, che è stato invece ben limitato dall’imbuto del Chelsea, costringendo così l’Atletico Madrid a sfruttare le fasce, ma senza fortuna, visto che in area c’erano le torri Terry (poi David Luiz) e Cahill. Una trappola, insomma, architettata ad arte da quel genio tattico dell’allenatore portoghese. Più spettacolo al Santiago Bernabeu per Real Madrid-Bayern Monaco, dove la ragnatela di Ancelotti si è rivelata ancor più efficace, complice anche il possesso passa sterile, che chiamano più elegantemente “tiki-taka”, della squadra di Guardiola. Ad avere la meglio il gioco semplice delle Merengues, che hanno fatto il bello e cattivo tempo in contropiede: Di Maria è una molla, che si allunga sulla linea degli attaccanti in fase di possesso palla e si trasforma in terzino quando deve rincorrere Alaba. La musica cambia leggermente per i Bavaresi con l’ingresso di Gotze, che offre quel pizzico di fantasia in più alla manovra rispetto allo statico Mandzukic, uno spuntino gustoso per Pepe e Ramos. Modric si è rivelato l’asso nella manica di Ancelotti, intervenendo nelle manovre tedesche e correndo poi dall’altra parte: una rivisitazione in salsa moderna del puro catenaccio del Chelsea.
Strano a dirsi, ma la squadra che non ha giocato all’italiana in Europa League è stata proprio la Juventus: la squadra di Antonio Conte si è confermata superiore al Benfica per gioco e organizzazione, ma si è scontrata spesso contro il muro portoghese, abile ad chiudersi in fase di non possesso e ad aprirsi per le ripartenze. Questo vi dice niente? E sono le fasce la chiave della sfida (anche in ottica ritorno), perché la corsa dannata di Markovic, Siqueira e Sulejmani ha colto impreparata la macchinosa difesa bianconera, “graziata” dal fatto che ci fosse Cardozo come finalizzatore. La partita la Juventus l’ha persa qui, perché dal centrocampo in su la musica è stata poi diversa, tanto che dopo il gol di Tevez si aveva la sensazione che prima o poi i bianconeri avrebbero raddoppiato ed, invece, Lima, sacrificato incomprensibilmente in panchina con Cavaleiro, ha rotto il dominio italiano. L’unica squadra con un piede in finale è il Siviglia, ma ad oggi nessuno può far sonni tranquilli ed è lo stesso Valencia, in semifinale dopo una “remuntada” a fare da monito per tutti. Quello tra le mani di Unay Emery è un gran bel gioiello: Bacca non fa rimpiangere Gameiro, anzi sigla il 21esimo gol stagione e poi c’è Rakitic, l’Hamsik croato. Niente esterni, ma trequartisti al potere, che con la certezza di una difesa attenta possono incunearsi centralmente. Nella squadra di Juan Antonio Pizzi spiccano solo Feghouli e Joao Pereira, gli unici che provano a smuovere una manovra un po’ troppo scolastica.
Ardua l’impresa di avanzare un pronostico in vista delle gare di ritorno, sia per quanto riguarda la Champions che l’Europa League: il primo round, fatta eccezione appunto per il Siviglia, è stato per tutte le squadre impegnate una sorta di fase di studio in vista dello scontro finale… per la finale.