Drogba: l'ultimo di una stirpe di nobili bomber, dal sangue "Blue" - Calcio News 24
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2012

Drogba: l’ultimo di una stirpe di nobili bomber, dal sangue “Blue”

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Mai come quest’anno il mondo del calcio ha salutato, uno dopo l’altro, una serie così importante di campioni che hanno marcato in maniera indelebile l’ultima decade di questo sport. La sfilza di nomi che hanno abbandonato i principali palcoscenici internazionali è di tutto rispetto. Hanno infatti detto “addio” giocatori del calibro di Nesta e Zambrotta, o geni come Seedorf, ma in particolar modo sono stati alcuni degli attaccanti che hanno (letteralmente) segnato un’epoca a prendere la decisione di voltare pagina. Da Inzaghi a Raúl, come Del Piero e van Nistelrooy, era da tempo preannunciato per loro la fine di un determinato tipo di carriera e, a parte l’olandese, che ha deciso di appendere le scarpe al chiodo, chi negli Emirati Arabi, chi nella Major League Soccer, chi magari ancora in una squadra europea, ma di rango inferiore, continueranno a regalare agli spettatori le emozioni e lo spettacolo dell’arte del gol.

Restava ancora in ballo un solo nome, Didier Drogba, indeciso se continuare ad incantare Stamford Bridge, o se optare per altri lidi (Cina?). Lui, come Abramovich, aveva la fissa della Champions League, la quale era diventata quasi un incubo dei peggiori, una vera e propria Chimera. Dopo due cocenti semifinali perse (in maniera ingiusta), contro Liverpool e Barcellona, e la finale persa alla lotteria dei rigori contro il Manchester United (dove Drogba nei supplementari si è fatto espellere, diventando il secondo giocatore nella storia della competizione ad ottenere questo “score”), per il centravanti ed il patron russo è arrivato finalmente il dolce sapore della vittoria, contro il Bayern Monaco, all’Allianz Arena, dove i bavaresi partivano con quella teutonica convinzione di avere il trofeo in tasca (ed invece…). Sfatato questo tabù, Drogba ha dato l’annuncio ufficiale del suo addio da Stamford Bridge, visto il contratto in scadenza e l’intenzione di non prolungare oltre il sodalizio. Tuttavia, benché sia un incentivo il fatto di andare a giocare in un campionato a ritmi più bassi (anche se non è detto, Drogba fa gola a molti… Barça?), come lo sono (soprattutto) i ponti d’oro che sono pronti a fare alcuni club per garantirsi l’ivoriano, Didier ha voluto precisare che la scelta di andarsene da vincente è stata volontaria: “Se non avessi vinto la Champions League, sarei rimasto. Il mio sangue è Blue, non posso cambiarlo questo, sono troppo attaccato al Chelsea”. C’è da crederci? Secondo me sì.

Sicuramente nel corso della carriera Drogba ha avuto qualche uscita poco elegante, alcune più o meno giustificate, ad esempio al termine della semifinale di ritorno di Champions League contro il Barcellona, dove l’ivoriano si è scontrato verbalmente, in maniera molto accesa ed esplicita, con l’arbitro Ovrebo, scelto in maniera (casuale?) da Platini e reo di aver condizionato l’eliminatoria (il bis, in realtà, dopo lo scempio dell’Allianz Arena tra Bayern Monaco e Fiorentina). Oppure, il lancio della monetina contro tifosi del Burnely, in risposta al lancio della stessa da parte dei sostenitori dei “Clarets”. Tuttavia, il proprio marchio “DD11” lo ha lasciato in campo, smontando le difese avversarie gol dopo gol, incessantemente.

Quando i giornali od i tifosi lo hanno preso di mira per i troppi infortuni, per qualche periodo di flessione attribuito alle bravate notturne (a Drogba Milano piace, e non solo per lo shopping…), per le distrazioni presunte per via delle voci del calciomercato (Mourinho era disposto ad imparare un’altra lingua per averlo all’Inter), l’ivoriano ha sempre fatto parlare l’unico elemento in grado di giudicare un calciatore: il campo. Nelle partite che contavano, Drogba non è mancato mai, ed a lui appartengono infatti i record del club come: miglior marcatore nelle competizioni europee, maggior marcatore di gol in una finale di Carling Cup, maggior marcatore di gol in una finale di FA Cup, maggior numero di gol nella gara di Community Shield e, ultimo ma non meno importante, maggior numero di gol come subentrante dalla panchina, ad indicare proprio come l’apporto di Drogba non sia mai venuto meno, a prescindere dalle condizioni di partenza.

Leader e trascinatore, in campo e fuori, Drogba è stato spesso il capitano silenzioso dei “Blues”, ed ha sempre affrontato esclusioni, tecniche e non, senza mai fare particolari polemiche, mettendoci sempre la faccia quando necessario, rispondendo presente quando chiamato in causa, come un vero professionista. Soprattutto, senza mai nascondendosi nell’ombra, lasciando che i media potessero fare a brandelli l’allenatore in carica. A prescindere da chi c’era in panchina, Drogba scendeva in campo con un solo obiettivo: quello di fare gol per far vincere il Chelsea, quella sensazione che ribolle all’interno di ogni nobile bomber. A prescindere da chi arrivava al club e dalle ingenti somme spese in passato da Abramovich per comprare attaccanti di grande nomea, Drogba era sempre lì, sempre presente, sempre al centro dell’attacco per trasformare ogni occasione in gol (chiedere a Crespo, Shevchenko e Torres come sia convivere con un “animale” da area di rigore come l’ex OM); una sorta di Re Mida.

Basta sentire Carlo Ancelotti parlare a sei mesi dal suo esonero, quando viene chiamato in causa per provare a commentare come mai Fernando Torres si era trasformato nel “cocker del Bridge” in confronto al “leoncino di Anfield” (-ino, perché comunque col Liverpool ha vinto…zeru tituli). Carletto non ci ha dovuto pensare molto, la risposta era semplice: c’era Drogba! “Prendete il caso di Torres e la crisi che sta vivendo al Chelsea. Ora ho capito che, se decidi di investire soldi importanti per lo spagnolo, devi vendere Drogba. Didier è come Filippo Inzaghi al Milan, si divora la concorrenza, non c’è competizione. Non lo fanno per cattiveria. È la loro natura”. Ineccepibile.

Erano appena due anni fa quando il centravanti ivoriano rivelava, dopo aver contribuito alla vittoria del “double”, con in panchina Carlo Ancelotti, grazie ad un’annata spettacolare nella quale Drogba mise a segno 37 reti in 44 presenze stagionali, realizzate in ogni modo e maniera: “Sto meglio ora a 32 anni di quando ero sei anni più giovane, quando sono arrivato qui per la prima volta. Ora segno più gol, sono più tranquillo, rilassato in campo e mi aiuta molto. Se continuo a giocare in una squadra come questa, posso probabilmente giocare altri cinque anni. Sono entrato nel grande calcio all’età di 25 anni, sono ancora giovane. Amo il campo, amo correre. Forse, tra 1-2 anni sarà tutto diverso”. È stato senz’altro profetico.

Sicuramente, ovunque andrà, esalterà le platee con altre prodezze del suo immenso repertorio, perché lui, come pochi altri, fa parte di quella stirpe di bomber dal sangue blu. Anzi, “Blue”.