2016
Stay hungry, stay foolish: la Crazy Gang che superò il Liverpool
Il racconto della finale di FA Cup 1987/88. Gli scapestrati del Wimbledon battono il nobile Liverpool: nasce la leggenda della Crazy Gang
E’ un soleggiato pomeriggio del 14 maggio 1988. Wembley, storico stadio inglese, è popolato da 98000 persone e sul perfetto prato dello stadio fanno il loro ingresso Liverpool e Wimbledon. Se per i Reds non c’è bisogno di presentazioni, non si può dire altrettanto dei rivali. E, se a Wimbledon è da sempre associato il classico “stile british” per via del torneo tennistico, non si può dire altrettanto – ancora una volta – del club calcistico. Quel pomeriggio, in un Wembley straripante, si sarebbero sfidati il Liverpool, club nobile che rappresentava il massimo del calcio britannico, ed il Wimbledon. Un club che nel corso della sua esistenza aveva avuto modo di conoscere bene, molto bene, le serie dilettantistiche e che aveva raggiunto, appena due anni prima, la First Division per la prima volta nella sua storia.
UNA FINALE INASPETTATA – I Reds di Kenny Dalglish erano abituati a certi livelli da sempre ed andavano a caccia del double. Dopo aver superato Stoke City, Aston Villa, Everton, Manchester City e Nottingham Forest, Hansen e compagni si apprestavano a sfidare il Wimbledon per concludere al meglio una stagione che li aveva visti trionfare anche in campionato. Dall’altra parte, sia materialmente che idealmente, gli uomini di Bobby Gould. Arrivato sulla panchina dei Dons appena un anno prima, il tecnico di Coventry impostò la sua squadra – non certo composta da poeti del pallone – sul più classico degli schemi: palla lunga e pedalare. Il tecnico inglese poteva contare su una squadra dallo spiccato temperamento. Un po’ di sana – neanche tanto – ignoranza, si direbbe ai giorni nostri. Dopo aver eliminato il West Bromwich Albion, i Dons si erano liberati di Mansfield Town, Newcastle e Watford arrivando alla semifinale in campo neutro contro il Luton Town, altra modesta compagine che era andata oltre le proprie reali possibilità. Quella che sarebbe dovuta essere una gara senza storia si rivela, però, più complicata del previsto. A White Hart Lane i gialloblù vanno sotto di una rete in avvio di ripresa, ma reagiscono e ribaltano il risultato con le reti di Fashanu e Wise, due dei protagonisti della formazione londinese. E’ finale, con le unghie e con i denti. Un risultato sorprendente per il club del quartiere di Londra.
DUE STILI…DIVERSI – Ma torniamo alla partita: il nobile e signorile Liverpool contro la banda o, meglio, la gang dei Dons. Una squadra che approccia le partite in modo non particolarmente ortodosso. Una compagine dal carattere dilettantistico: determinazione, foga agonistica, gruppo solido e irriverente sono le armi degli uomini di Gould. Il Wimbledon mette in mostra tutto ciò che è ben più probabile vedere dalla quarta serie in giù, più che negli stadi della First Division. Provocazioni, tackle duri, gomitate e ancora provocazioni. Uno stile diventato simbolo del club – e che, quasi a sorpresa, porta discreti risultati anche in campionato – spesso criticato aspramente da addetti ai lavori e tifosi avversari. Un modo di interpretare il calcio che portò Gary Lineker a dire: «Il modo migliore per guardare il Wimbledon è sul televideo».
PSYCHO – Sul terreno di Wembley si sarebbero incrociati, di lì a poco, i famosi Reds Hansen, Aldridge e Barnes contro gli semi-sconosciuti Sanchez, Wise e Jones: tre che fuori dal campo verde non sarebbe stato improbabile scambiare per delinquenti. Il gioco brillante, pulito e piacevole dei campioni d’Inghilterra contro quello maschio ed irruento dell’outsider di turno. Simbolo di quel Wimbledon era Vinnie Jones “The Psycho”, duro per natura. Uno che nessuno vorrebbe mai incontrare su un campo da calcio, tantomeno per strada. «Ho tolto la violenza dagli spalti e l’ho portata in campo». Non sarà stato un letterato, ma con una sola frase riuscì a descriversi alla perfezione. Per farsi un’idea del personaggio basti sapere che detiene il record per l’espulsione più veloce, ricevuta dopo appena 3 secondi dall’ingresso in campo. O che divenne famoso per aver marcato in modo “inusuale” – eufemismo – Paul Gascoigne, afferrandolo letteralmente per i testicoli. E ancora: si narra che nel cartello “This is Anfield”, presente in bella vista all’ingresso delle scalinate dell’impianto di Liverpool, lui ci abbia attaccato un foglio con scritto “Bothered”. Chissenefrega. Mai pago del suo modo rude ed irriverente di intendere lo sport del calcio, Jones pubblicò nel ’92 “Soccer’s Hard Men”, un video caratterizzato da interventi di gioco scorretti ad opera sua e di altri colleghi che gli costò sei mesi di squalifica e tre anni di sospensione dalla Football Association.
I PAZZI OSANO DOVE GLI ANGELI TEMONO – I 98000 di Wembley tengono gli occhi incollati sui 22 uomini che corrono per il campo. La partita è vivace, le due squadre attaccano con determinazione ed arrivano le prime occasioni da entrambe le parti: il Red Aldridge in tuffo di testa manda alto un cross dalla sinistra, risponde Wise che sfiora l’incrocio con una punizione da posizione centrale. Nell’impianto londinese echeggiano i cori delle due tifoserie mentre la battaglia in campo si fa sempre più serrata. Prima Houghton poi Cork mettono paura ai portieri avversari, senza trovare però il gol. Il primo vero brivido del match scorre lungo la schiena dei tifosi dei Dons. Non dell’estremo difensore gialloblù Beasant, che neutralizza con un doppio intervento una conclusione ravvicinata di Aldridge sventando l’1-0 dei rossi. Scacciata la paura, i Dons attaccano e sfiorano il gol con John Fashanu, colosso capace di segnare tanto quanto di randellare il marcatore di turno. E’ il preludio del gol, che arriva qualche minuto dopo: Wise batte una punizione in mezzo e Sanchez, il più tecnico dei suoi, stacca e manda alle spalle di Grobbelaar. Prima dell’intervallo il Liverpool sfiora il pari con Hansen ma capitan Beasant sbarra la porta. Nella ripresa gli uomini di Dalglish cercano con insistenza il pareggio e, durante una sortita in area avversaria, Goodyear stende un Aldridge che si apprestava a freddare Beasant: Brian Hill non ha dubbi, è rigore. Un manipolo di Dons capeggiato dall’estremo difensore gialloblù rincorre l’arbitro, che non desiste e con insistenza indica il dischetto. E’ il momento chiave della gara, un gol potrebbe cambiare completamente il match. Dagli undici metri si presenta Aldridge: l’irlandese posiziona la sfera, prende la rincorsa e calcia. Beasant si tuffa alla sua sinistra con convinzione e toglie il pallone dall’angolino basso: il risultato è salvo. Questo il primo pensiero, con tutta probabilità, di Beasant. In quell’istante, mentre la palla scivolava alla sua sinistra oltrepassando la linea di fondo, forse non sapeva che era appena entrato nella storia come il primo portiere capace di neutralizzare un rigore in una finale di FA Cup. La partita continua tra gli attacchi sempre più disperati dei Reds e le sortite dei Dons, che non risparmiano interventi duri – e non è una novità – pur di evitare pericoli. Le chances per segnare non mancano, né agli uomini in rosso, né a quelli in blu: Barnes da una parte, Young dall’altra e poi ancora il terzino del Liverpool Nicol. Niente da fare, le occasioni vanno in fumo ed il parziale rimane inchiodato sull’1-0. Risultato che si trascina fino al fischio finale di Hill: il brutto, sporco e povero Wimbledon ha la meglio sul bello, nobile e potente Liverpool. Wembley esplode, giocatori e staff tecnico fanno festa. I pazzi hanno osato – riprendendo il poeta inglese Alexander Pope – dove gli angeli avrebbero temuto. Ed hanno avuto ragione.
«The Crazy Gang have beaten the Culture Club!», dice il commentatore della BBC John Motson, consegnando alla storia – inconsapevolmente – quegli scapestrati del Wimbledon FC. Dopo qualche minuto la squadra è già in postazione per prendersi saluto e Coppa dalla Principessa Diana. L’odiato e folle Wimbledon ha fretta di alzare al cielo il suo primo storico trofeo. Capitan Beasant, miracoloso nei 90’ di gara, alza in alto quel premio frutto di tanto sudore e qualche colpo proibito. Dietro di lui Danny Wise, presentatosi al cospetto di Lady Diana con un improbabile cappellino a spicchi gialli e blu. Poco più in là Andy Thorn, sotto gli occhi divertiti della principessa, prende in prestito (o forse no) il coperchio della coppa e lo usa come cappello. La festa si sposta di nuovo sul rettangolo verde, con il giro di campo e le tradizionali foto di quella Crazy gang che ha osato, ed è riuscita, nello sgambetto al nobile e colto Liverpool.