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Il fuoco di Maradona: Napoli ed Argentina aspettano

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Partita “Uniti per la Pace 2016”, protagonista indiscusso della serata la leggenda Diego Armando Maradona

Evento benefico voluto con forza da Papa Francesco al fine di diffondere un messaggio di pace e sostenere economicamente chi ha patito i disastri del terremoto di Amatrice e dintorni, la partita “Uniti per la Pace 2016” è stata anche l’occasione per assistere all’esibizione di diverse leggende del calcio che hanno raccolto con calore l’appello lanciato dal Pontefice. La star incontrastata della serata è stata inevitabilmente Diego Armando Maradona.

LA PARTITA DELLA PACE – Il campo in sé ha ovviamente poco da raccontare in termini strettamente tecnici o agonistici: colpi di classe dei tanti numeri 10 che hanno preso parte alla serata – oltre al Pibe de Oro hanno brillato le stelle di Ronaldinho, Francesco Totti, Claudio Lopez, Hernan Crespo, Antonio Di Natale ed altri protagonisti del calcio passato ed attuale – e clima inevitabilmente disteso ed amichevole. Fatta eccezione per… Diego Armando Maradona. Ovviamente si scherza, ma – senza uscire dal recinto del senso profondo intrinseco alla sfida – il mito argentino non ci sta a perdere: si agita quando un compagno di squadra (Di Natale su tutti) non gli legge la traiettoria di un suo passaggio, quando una azione degna di nota non viene tramutata in gol, quando sono gli avversari ad andare in rete, quando si becca con Veron per ruggini del passato.

CASO STUDIO? – Diego Armando Maradona, in procinto di spegnere la cinquantaseiesima candelina della sua leggendaria vita da uomo e sportivo, non ne vuole sapere di uscire sconfitto dal campo. Che sia la finale del Mondiale o la Partita della Pace: con i dovuti raffronti, superfluo sottolinearlo, ma in quel momento si gioca una partita di calcio e quello che a detta di tanti è il più grande di sempre non vuole saperne di cedere il passo all’avversario. E’ una rabbia agonistica, una sorta di fuoco di Sant’Antonio che custodisce al suo interno dai primissimi passi della sua vita e che lo ha contraddistinto – aspetto sottovalutato dalla stragrande maggioranza degli addetti ai lavori – alla pari del suo infinito talento: se Maradona è stato l’unico ad essere in grado di vincere a Napoli, il solo a portare una nazionale di scapestrati sul tetto del mondo, questo lo deve al genio che gli ha concesso madre natura così come ad un furore emotivo che risulta difficilmente riscontrabile nella stragrande maggioranza dei suoi colleghi passati, presenti e probabilmente futuri.

NAPOLI ED ARGENTINA ATTENDONO – Un nuovo Maradona probabilmente non ci sarà: ovviamente c’è il prodigio Leo Messi e ci sono altri calciatori di primissimo rango nell’attualità – e con posizionamenti già consolidati nelle gerarchie storiche di questo sport – in grado di fare la differenza ad ogni livello di difficoltà. Probabilmente però non disposti a farla a Napoli. Dove sono senz’altro transitati – nell’alveo dell’era De Laurentiis – interpreti di primissimo livello, ma probabilmente non dotati di quella debordante leadership che occorre per trionfare in una piazza così singolare. Per fare la rivoluzione insomma. Ha patito tale assenza anche l’Argentina dei fuoriclasse e – senza alcun intento polemico – di Leo Messi: tre finali internazionali negli ultimi tre anni, una al Mondiale e due in Copa America, tutte clamorosamente perse all’ultimo respiro. Cercasi quel fuoco dentro. Quello che non ti lascia tranquillo neanche se perdi la Partita della Pace.