Maldini, il Milan e il futuro: le sue dichiarazioni
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Maldini: «Seguivo la Juve come la Nazionale. Milanismo? La storia va rispettata…»

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Paolo Maldini

Paolo Maldini, leggenda del Milan e dirigente, si è raccontato a 360 gradi a Radio Serie A: tra provino, l’Italia e il futuro

Paolo Maldini, leggenda del Milan e dirigente, si è raccontato a 360 gradi a Radio Serie A: tra provino, l’Italia e il futuro. Le sue dichiarazioni:

TIFO PER LA JUVE – «A me piaceva il calcio, sapevo del passato di mio papà e avevo capito cosa aveva fatto, ma la prima competizione che ho visto da amante del calcio era il Mondiale del ’78 che praticamente era la Juventus più Antognoni. Quindi ho seguito la Juventus come se fosse la Nazionale, ma poi ho fatto il provino per il Milan e lì è iniziata la mia storia».

BERLUSCONI – «Ha portato un’idea moderna e visionaria non solo del calcio ma del mondo. Il primo discorso nella sala pranzo a Milanello ci disse che voleva che la nostra squadra giocasse il più bel calcio del mondo, lo stesso in casa e in trasferta, e che presto saremmo diventati campioni del mondo. Dall’anno dopo, perché il primo è entrato in corsa, è cambiato tutto. Ha preso preparatori, costruito strutture per competere con i top al mondo. C’è sempre tanta diffidenza per l’imprenditore che entra nel calcio. Sacchi poteva creare e ha creato qualche dubbio, ma poi abbiamo capito i grandi vantaggi. La sua impronta è ovunque. A me piaceva molto la sua idea di cercare di giocar bene, cercare di vincere e rispettare l’avversario. Lui diceva che se non vince il Milan, mi fa piacere che vinca l’Inter. Naturalmente c’è rivalità, ma l’idea di essere onesto e arrivare al risultato attraverso il sacrificio e complimentarsi con un avversario se è più bravo di te è un insegnamento. Non si è mai logorato quel rapporto, facevamo tante battute, sono diventato amico di Pier Silvio e lui mi ha sempre trattato come secondo padre. Quando è stato ricoverato in ospedale mi ha chiamato perché voleva fare degli scambi Milan-Monza ed è stato divertente. Il calcio lo ha accompagnato fino all’ultimo momento e questo si sente e si trasmette a tutti, ambiente, città, luoghi e persone».

FUTURO – «Una regola che vale soprattutto per l’Italia. Vedermi all’interno di un club diverso dal Milan non ce la faccio, non ce la farei. Non ho mai detto di no a nessuno. Sono stato due o tre volte da Nasser Al-Khelaifi al Psg prima del Milan ma non è andata bene e pensandoci oggi è stata una fortuna. I miei primi 10 mesi da dirigente al Milan sono stati di apprendimento, mi sentivo inadeguato. Non riuscivo a determinare qualcosa, Leonardo rideva perché glielo dicevo ogni giorno. Per me è stata una fortuna».

MILANISMO – «Custode del milanismo? Non lo so, lo possono dire gli altri. Di sicuro il calcio e il Milan mi hanno insegnato tanto come valori e come principi e quando lavori per questo club ne devi tenere conto perché va al di là del risultato. quando si parla di una storia ultra centenaria, va conosciuta e studiata. 20 anni fatti con me? Sono contento, ma la mia storia parte negli anni 50 con mio papà e oggi sta andando avanti ancora perché Daniel è ancora sotto contratto».

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