Pochettino: «Mbappé più immaturo di Messi e Neymar. E Kane...»
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Pochettino: «Mbappé più immaturo di Messi e Neymar. E Kane…»

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Mauricio Pochettino racconta alcuni degli assi che ha avuto il piacere di allenare in carriera: le sue dichiarazioni

Mauricio Pochettino si è concesso una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport per parlare di alcuni suoi ex giocatori.

MBAPPE’ A CONFRONTO CON MESSI E NEYMAR – «Rispetto agli altri due è più giovane e quindi immaturo, anche se ha già vinto un Mondiale: casi dello sport collettivo, difficili da comprendere. Kylian è un animale, ha un grande carisma capace di attrarre le persone ma ha ancora bisogno di trovare sé stesso. Leo e Ney sono giocatori totali, sono più responsabili anche se in maniera diversa tra loro, mentre Kylian si sta ancora cercando. Fa fatica a distinguere i momenti della partita, quando deve rischiare e quando non deve farlo, come sfruttare al meglio le sue grandi qualità. Non si diverte nello scambio associativo col compagno a meno che non sia nell’ultimo terzo del campo, perché ha bisogno di spazio per sfruttare al meglio le proprie virtù. Kylian non trova piacere nel tenere la palla, lo fa solo quando può correre e concludere. È un cavallo da sprint che ha bisogno di vedere una lepre davanti a lui per poterla cacciare. Messi e Neymar si conoscono perfettamente e sanno ciò di cui sono capaci mentre Kylian deve ancora completare questo processo, ma il tempo è dalla sua parte: è in fase ascendente quando Leo, Ney, e ci metto pure Benzema, sono stabili, hanno trovato la maturità che Mbappé non ha ancora raggiunto, nonostante abbia vinto un Mondiale a 18 anni. Ora ne ha 23 e dobbiamo ancora vedere la sua versione migliore. È in evoluzione, e vedremo come condizionerà questo processo quanto è successo negli ultimi mesi, col mancato
passaggio al Real Madrid».

KANE – «Ha un vantaggio: è cresciuto nell’ombra, seguendo un processo lento. Se Mbappé è arrivato al top della fama quando era ancora immaturo, Kane l’ha fatto quando era già formato. Io Harry l’ho letteralmente visto crescere calcisticamente. Quando arrivai al Tottenham l’avevano mandato in prestito al Leyton Orient, al Millwall, al Norwich. E non lo vedevano, preferivano Soldado e Adebayor, volevano comprare Welbeck. Oggi a 29 anni deve fare un passo in avanti per diventare il leader di una nazionale che ha tanti giovani che possono essere invidiati da qualsiasi squadra, Foden, Mount, Bellingham, Saka, Rice, ma alla quale manca sempre qualcosa per essere davvero completa. Harry ha una disciplina enorme, è un perfezionista, un professionista esemplare, però non è ancora il leader della nazionale. Per diventarlo hai bisogno di un surplusdienergia,nondevipensare solo a te stesso ma anche agli
altri, e questo è il grande problema dell’Inghilterra: ha una grande generazione di talenti,
ma manca uno che faccia qualcosa in più per il gruppo».

MESSI – «In Argentina si è generata un’energia notevole, la gente sente che Leo si merita il titolo Mondiale ancor più del Paese.S i è finalmente attenuata l’odiosa comparazione tra Leo e Maradona, una cosa che non ha mai avuto senso perché si tratta di due giocatori enormi. In Argentina è subentrata una paura: il tempo passa e c’è il rischio che Messi non vinca il Mondiale, così ora tutti si sono messi a sua disposizione per arrivare a un trionfo che manca dal 1986».

FUTURO IN ITALIA – «Sì, mi piacerebbe molto. Ho tutti i nonni italiani, i famosi otto cognomi nel mio caso sono tutti originari del vostro Paese e quasi tutti piemontesi. Sono cresciuto immerso nella cultura italiana e ho sempre avuto come obiettivo l’arrivare a vivere in Italia prima o poi, e il modo migliore per farlo è allenando. Ho lavorato in Spagna, in Francia e in Inghilterra, spero di avere un’opportunità anche in Italia».

ITALIA NON AL MONDIALE – «Ho vissuto la cosa in prima persona: prima di giocare con
la Macedonia Verratti e Donnarumma erano terrorizzati. Evidentemente avvertivano la grande tensione che si respirava attorno alla Nazionale, nel Paese. Detto questo per me il sistema di qualificazione attuale è assurdo e va rivisto: chi ha vinto il torneo dev’essere sempre
presente, classificato di diritto. E non lo dico per i nonni italiani, ma perché lo penso davvero»
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