Sette baci all'anello - Calcio News 24
Connettiti con noi

2015

Sette baci all’anello

Pubblicato

su

Sette gol di Raul, un omaggio a un grandissimo campione

UNO – Pedro Gonzalez e Marisa Blanco sapevano che loro figlio, il terzo figlio, avrebbe potuto sfondare nel mondo del pallone. Lo vedevano tirare calci in continuazione per le strade di San Cristobal, sempre col sinistro e con le mani strette in un pugno e le braccia tese ogni volta che toccava la palla, in maniera finanche troppo elegante per un ragazzino della sua età. Poi lo hanno visto esordire col San Cristobal ma il loro piccolo Raul era sceso in campo col nome di Dani, uno così giovane non poteva giocare con gli alevin ma uno così forte non poteva non giocare. Pedro e Maris poi lo hanno seguito quando ha fatto il grande passo e ha firmato per l‘Atletico Madrid e il signor Gonzalez era orgoglioso che il terzogenito potesse finalmente dare lustro alla fede colchonera del papà. Il giovane Raul giocava seconda punta o esterno sinistro e Pedro lo vedeva segnare caterve di gol e vincere trofei con la fascia da capitano al braccio, una fascia troppo larga per quelle sue braccia rigate di bianco e di rosso. Poi venne il giorno che le giovanili dell’Atleti scomparvero, il presidente Gil volle così e per Raul fu quasi l’inizio della fine. Se non fosse stato per il Real Madrid, che adottò quel campioncino lasciato dai rivali e lo portò nelle giovani. Adesso Pedro e Marisa sono sulle tribune del Bernabeu perché il signor Valdano ha deciso che il loro Raul meritava una convocazione in prima squadra. La settimana prima ha esordito a Saragozza mandando in tilt la difesa aragonese e battendo, a poco più di diciassette anni, il record come esordiente più giovane dei blancos. Il padre, cuore Atleti, per una sera mette da parte la fede e si focalizza su Laudrup, che dopo una giocata con Amavisca serve al limite dell’area il figlioletto. Il tiro di sinistro non dà scampo a Resino e si insacca all’incrocio. Il Bernabeu è in tripudio e anche Pedro e Marisa urlano di gioia quando lo speaker annuncia il nome del marcatore: con il numero sette, Raul Gonzalez Blanco.

DOS – Raul Gonzalez Blanco è un nome che a Madrid imparano a conoscere una rapidità da gara olimpica. Ogni domenica che dio mette in terra in quasi tutti gli stadi di Spagna è lui a segnare per il Real Madrid e la particolarità è che è decisivo: molto spesso il primo gol della gara porta la sua firma. Ha il numero diciassette per colpa dell’argentino Esnaider ma presto si prende il suo sette, un numero che di solito identifica l’ala ma con Raul ha un’altra valenza. Il giovane Raul si fa conoscere anche in Europa, la sua vocazione cosmopolita inizia una fredda serata con il Ferencvaros quando mette dentro una tripletta e decide di non fermarsi più. Sono gli anni in cui il Real Madrid deve tornare a essere grande in Europa, sono troppo lontane le ultime coppe portate a casa dai blancos e così nel 1997-98, pur con un Raul a mezzo servizio causa pubalgia, la banda di Jupp Heynckes batte la Juventus a Amsterdam e sale sul tetto d’Europa. Il ragazzo di San Cristobal è già uomo, nonostante abbia ventun anni da compiere, e alza al cielo la Champions League. Pochi mesi dopo decide di passare definitivamente alla storia e di scrivere il suo nome in calce al Real Madrid per la prima volta in una finale: a Tokyo Real e Vasco sono incredibilmente sull’uno a uno a sette dalla fine quando Seedorf lancia lungo per Raul, leggermente defilato sulla sinistra. Lo spagnolo aggancia sontuosamente col sinistro e elude l’intervento di Vitor, rientra sul destro e il difensore cade a terra scombussolato mentre dal centro dell’area arriva di gran corsa Odvan ma a Raul basta un altro tocco con il sinistro per mandare al suolo pure lui e battere col destro Germano. È il definitivo due a uno, il Real vince l’Intercontinentale dopo trentotto anni e il fenomeno Raul segna uno dei suoi gol più belli. Ne arriveranno tantissimi altri.

TRES – Due anni più tardi il Real Madrid torna ancora una volta sul trono della miglior squadra europea e lo fa nella città che più si addice al gioco dei cosiddetti galacticos, a Parigi. Raul ormai è un bomber di razza, anche se gioca principalmente da seconda punta e svaria sul fronte sinistro dell’attacco senza mai dare punti di riferimento. Non segna gol belli ma ne segna a bizzeffe, è il classico attaccante che è sempre al posto giusto al momento giusto. In quel periodo in Italia è venuto fuori Filippo Inzaghi, che ha caratteristiche un tantino diverse, ma uno stesso feeling sanguigno e morboso con le marcature. A differenza dell’italiano però Raul Gonzalez Blanco ha una tecnica che fa paura e una sera di maggio tutto il mondo se ne rende conto – semmai ce ne fosse stato bisogno – e in particolar modo è il Valencia di Hector Cuper a subire la furia omicida del numero sette dei blancos, con una sublime veste nera. Raul quella sera gioca dietro ad Anelka e Morientes, il Moro ha confezionato il gol del vantaggio e McManaman ha poi realizzato una volée da campetto amatoriale prima dell’avvento del Messia al settantacinquesimo minuto. Raul è uno che il gol lo sente e quindi quando tutto il Valencia è proiettato in avanti alla ricerca del gol della speranza, il ragazzo di San Cristobal si trova prima della metà campo ma oltre la linea difensiva valenciana, prevedendo un rilancio della difesa. Rilancio che prontamente arriva da Savio, e parte la cavalcata. Raul prende palla a sessanta metri da Cañizares, si invola verso la porta e avrebbe pure centocinquantasei modi diversi di mettere la palla in porta visto che Djukic gli corricchia dietro vanamente. Eppure Raul si ferma, dribbla il portiere con la suola e col piede sordo, il destro, batte la scivolata di Djukic. Tre a zero, game set match Real. Primo gol in finale di Champions per Raul. Non sarà l’ultimo.

CUATRO – In molti si ricordano di Bayer Leverkusen – Real Madrid di Champions League, annata di grazia 2001-2002, perché quel giorno a Glasgow Zinedine Zidane ha deciso di segnare uno dei cinque gol più belli della storia del mondo. In una serata più autunnale che primaverile, un clima pure piuttosto mite per le temperature medie scozzesi, a rompere il ghiaccio però è per l’ennesima volta il tarantolato attaccante con il sette stampato sulla schiena. Basta che ci sia una rimessa laterale dalla parte di Roberto Carlos per scatenare Raul. La punta spagnola sa che su fallo laterale non c’è il fuorigioco e sa che il compagno brasiliano ha una gittata da medaglia di bronzo come minimo, quindi annusa il gol nell’aria nonostante il pallone sia fuori dal campo e addirittura a cinquantacinque metri da Butt. Roberto Carlos fa quel che sa e che deve fare, vede il movimento di Raul e scaglia una pallonata a cento all’ora verso l’area di rigore del Leverkusen dove il sette si è già fatto spazio tra Lucio e Zivkovic. Il pallone si ferma appositamente sul sinistro di Raul che non la colpisce nemmeno troppo bene ed è pure in posizione defilata ma anticipa quel tanto che basta sia l’intervento dei difensori che quello di Butt e lascia di sasso i tedeschi. Segna ed esulta come fa dal 1999 a quella parte. Bacio alla fede sulla mano destra e dito in alto, un omaggio all’amata moglie Mamen Sanz che gli ha dato il figlioletto Jorge e il secondogenito Hugo. Alla fine i figli saranno cinque e all’esultanza Raul unirà pure dei colpi al petto per celebrare la prole, ma il bacio all’anello rimarrà il suo marchio di fabbrica inconfondibile.

CINCO – Gli anni passano e le bandiere restano, diceva qualcuno. Ma in una piazza esigente come Madrid anche le bandiere vengono messe in discussione. Considerato vecchio anche a ventisette anni, Raul continua a segnare con il passare degli anni anche se ametà dei Duemila subisce una clamorosa flessione dovuta agli infortuni e pure al rapporto con gli allenatori, non tanto per colpa sua perché è sempre stato un modello di stile – mai un rosso, rarissime le ammonizioni – ma perché il Real di quegli anni vuole e deve vincere per forza e per farlo spende e spande senza una logica e senza un mediano. Serve un allenatore intelligente e diligente per riportare la Liga a Cibeles e la dirigenza nel 2006 punta su Fabio Capello, che Raul ha già avuto modo di apprezzare nel lontano 1996-97 quando segnò 21 gol da esterno sinistro e venne votato miglior spagnolo del campionato. Rinasce il feeling con Capello, un po’ meno quello con il gol perché le sue apparizioni sono centellinate e poi il Real fa un’inversione di tendenza rispetto al gioco spumeggiante dei galacticos di qualche anno prima. Capello, si sa, punta al sodo e quindi anche Raul deve sacrificarsi. Ha modo però durante l’annata 2006-07 di mettere dentro sette gol in campionato, uno dei quali giudicato vitale a posteriori, il giorno in cui bisogna decidere, tramite scontri diretti, a chi assegnare la Liga tra Barcellona e Real Madrid. Entrambe a settantasei punti dopo un finale thriller di stagione, sono i blancos a portare il trofeo a casa: due a zero al Bernabeu e tre a tre al Camp Nou nella classifica avulsa e Barca beffato. Quasi inutile dire chi ha sbloccato il match in casa, proprio Raul Gonzalez Blanco. la difesa blaugrana è troppo larga su un cross ben calibrato da Ramos al secondo minuto e Raul si inarca e di testa, una delle specialità della casa, incorna all’incrocio un pallone impossibile da prendere per Victor Valdes. Un gol alla Raul, squalo dell’area di rigore.

SEIS – Sembra strano ma nel destino dei campioni c’è sempre un luogo speciale dove si compiono le imprese. Per Raul è stato La Romareda di Saragozza, uno stadio a suo modo anonimo se non fosse che lì ha esordito con la maglia del Real Madrid e lì ha chiuso la carriera, sedici anni di professionismo che si aprono e concludono in maniera circolare. In mezzo però la Romareda ha regalato altre gioie a uno dei più grandi giocatori degli ultimi cinquant’anni, come il due a due acciuffato per i capelli nel 2006-07, una partita decisiva per il ritorno alla vittoria in Liga, oppure il gol che il 15 aprile del 2000 lo ha fatto diventare il madridista più giovane ad aver raggiunto i cento gol. Il 24 aprile 2010 però è, senza che nessuno lo sappia, una data storica. A Saragozza i padroni di casa e le merengues sono sullo zero a zero quando Ronaldo ha una ghiotta occasione per segnare ma il suo tiro viene respinto dal portiere, il portoghese sulla respinta non può calciare di nuovo e dal fondo la mette in mezzo. Lì c’è Raul, una sentenza. Il numero sette tocca di sinistro e segna un gol brutto e sporco, ma di un’importanza colossale. Non lo sa ancora ma è l’ultimo gol con la maglia del Real. Chiude la sua esperienza a luglio ma la sua ultima gara è proprio a La Romareda con quel golletto facile facile che pure è il 228° nella Liga e il 323° con la camiseta blanca e, record non da me, è il settantasettesimo gol con cui sblocca uno zero a zero, eguagliando il primato di Hugo Sanchez. A fine anno non riceve il trattamento che una bandiera meriterebbe e se ne va via, in Germania, dopo diciotto anni di Real. Lui che giocava nell’Atletico e che il padre elettricista vedeva sgambettare coi colchoneros, poi ha scritto pagine importanti con i cugini. Troppo poco glamour e appariscente però il vecchio Raul, che a trentatré anni emigra.

SIETE – Dal Real Madrid passa due anni allo Schalke 04, indossando la sette e riuscendo a farsi amare in maniera incondizionata pure a Gelsenkirchen. Poi l’Al Sadd in Medio Oriente e infine i Cosmos a New York, più una scampagnata che un vero e proprio finale di carriera per uno dei bomber con più killer instinct nella storia. E dicevamo anche della dicotomia con Filippo Inzaghi, della loro somiglianza nell’essere punte rapaci specialmente in Europa. L’ultimo gol veramente importante Raul lo ha messo a segno proprio nello stadio di Superpippo ma contro la rivale cittadina del Milan, l’Inter reduce dal Triplete. A Milano lo Schalke passeggia cinque a due e c’è tempo per lo spagnolo di segnare la terze rete degli Knappen, di rapina bucando la difesa come riesce fare a lui, a Pippo e a pochi altri. Sono settantuno i gol in Champions League, diventeranno settantacinque nelle coppe europee alla fine della sua carriera in Europa dopo un testa a testa senza età proprio con Inzaghi che, segno del destino ancora una volta, metterà le sue ultime due firme continentali proprio contro il Real Madrid. Sei campionati spagnoli, quattro Supercoppe di Spagna, una Coppa di Germania, una Supercoppa di Germania, tre Champions League, due Coppe Intercontinentali, una Supercoppa europea, vari trofei in Arabia e USA, due titoli di Pichichi e due di capocannoniere della Champions, più di mille partite giocate tra club e nazionale spagnola e più di quattrocentocinquanta gol. Zero palloni d’oro. Raul Gonzalez Blanco è stato questo, a cui va aggiunto il titolo di miglior marcatore della storia del Real Madrid, detenuto fino al giorno stesso in cui si è ritirato, altro gesto di classe e eleganza. Nemmeno settantadue ore dopo gliel’ha portato via Cristiano Ronaldo. Un giorno, chissà, la posa di CR7 dopo ogni gol sarà un’esultanza tipica su tutti i campetti. Non c’è dubbio che per chi ama il calcio romantico così com’è, basti baciare l’annello sulla mano destra dopo aver segnato di stinco da mezzo metro.