Salernitana, Sabatini: «Stiamo diventato una squadra, credo nella salvezza. L'Inter? Un sogno» - Calcio News 24
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Salernitana, Sabatini: «Stiamo diventato una squadra, credo nella salvezza. L’Inter? Un sogno»

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Il d.s. della Salernitana Sabatini ha parlato dell’obiettivo salvezza e della sua carriera nel calcio

Walter Sabatini, direttore sportivo della Salernitana, in una intervista a La Gazzetta dello Sport ha parlato dell’obiettivo salvezza in granata e della sua carriera nel calcio.

MOTIVO SALVEZZA«Perché un gruppo di giocatori ora sta diventando una squadra. Siamo stati già ampiamente definiti come retrocessi. Lo siamo al 93%. Il 7% l’ho trattenuto io. Come feci in sala operatoria». 

INCIDENTE RIBERY«Dopo aver visto la macchina gli ho detto solo “sono contento che non sei morto”. È un essere umano, straordinario, aiuta i compagni, partecipa con tenacia nonostante la sua storia». 

INTER – «Un sogno averla accarezzata. Ho sbagliato la porta d’ingresso, però. Ho accettato una richiesta interna di rimanere fuori dall’organigramma. Non avrei mai dovuto farlo. Non si va all’Inter da fantasma, all’Inter si grattano i gomiti a tavola e si fanno le cose con fermezza. È un rammarico profondo, non mi sono messo in condizione di fare il massimo: andando via da Roma, non c’era altra società che avrebbe potuto emozionarmi».

SCAMACCA E FRATTESI – «La fuga di Scamacca mi spiazzò, rimasi addolorato, ho fatto di tutto perché restasse. Gli avevo promesso di portarlo subito in prima squadra, l’avrei fatto. Frattesi? Lo convocai che era ancora negli Allievi. Gli dissi: “Se non arrivi a fare carriera in Serie A, vengo a cercarti, a picchiarti”. Ricky Massara mi faceva una testa così, per lui e per Antonucci. Frattesi è il prototipo del centrocampista moderno: se io fossi all’Inter, lo prenderei subito. Ma qui a Salerno ne ho uno simile: Ederson».

INZAGHI-LAZIO – «Un rompicoglioni mai visto. Aveva una grande capacità di letture delle cose: le dettava agli altri, lui spesso non riusciva a metterle in pratica. Una radiolina accesa: mi venne il sospetto potesse diventare allenatore».

ZHANG JINDONG – «Non è un umano. È un semidio. Ricordo cene opulente nella sua residenza, io lui e Capello. Una volta io e Fabio eravamo a tavola con Lippi. Jindong scese dai piani alti per salutare Marcello, una divinità in terra. Nessuno lo vedeva mai, era un figura mitologica».

LOTTA SCUDETTO – «No, non è banale. È che mi mettete in difficoltà: la mia Inter, il Milan di Massara, il Napoli di Luciano. Non le rispondo».