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Il Torino ha paura di diventare grande

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delio rossi ljajic

La squadra di Mihajlovic fallisce l’esame di maturità: battuta dall’Inter di Icardi

Lo avevamo dettagliato pochi giorni fa: questa Serie A ha bisogno del Torino. Di un grande Torino, di colori granata che tornino a pensare oltre i propri limiti. Quinto posto in classifica prima di ieri ed a stretto contatto con le vette della classifica: quale miglior segnale da lanciare al campionato se non quello di imporsi in trasferta contro un’Inter disastrata?

TUTT’ALTRO – Intendiamoci: perdere contro l’Inter, peraltro nelle sue mura amiche, ci sta. E ci mancherebbe che non ci stesse: basta un minimo di cultura storica e di consapevolezza per non dubitarne. A condannare il Torino di Mihajlovic però sono due fattori: innanzitutto il momento. Granata in piena fiducia, nerazzurri sull’orlo – ma a pensarci bene già oltre – di una crisi di nervi. Con spifferi di ogni tipo: a partire dai documenti per l’esonero di De Boer, secondo tanti già pronti. Il Toro non ha saputo approfittare di questa situazione mancando dunque prima di tutto sul piano della personalità, della mentalità vincente, dell’attitudine a determinati livelli, della curiosità di superarsi e riscoprirsi.

CAMPO – Appena dopo in termini strettamente legati alla prestazione: deludente, come raccontato in primissima perdona proprio da Sinisa Mihajlovic. Che come al solito, e lo ringraziamo per questo, si tiene ben alla larga da giri di parole. Una prova debole: sotto il profilo dell’approccio innanzitutto, poi nella gestione dei momenti. Non può certo bastare qualche sprazzo di reazione buttato qua e là. Il risultato ne è stato la diretta conseguenza: il Torino non lo ha raggiunto perché non ci ha creduto. Non ha creduto nelle sue (grandi) possibilità. Non ha creduto in se stesso.

STRASCICHI – Ed oltre al danno la beffa: il post-partita, invece del tagliando rilasciato a chi supera l’esame, si porta dietro malesseri e malcontenti. Mihajlovic parla ancora una volta chiaro e se la prende con chi accusato di non vantare la necessaria condizione fisica per poter incidere a determinati livelli o il carisma per trascinare una squadra ambiziosa: “Obi vada a fare il ragioniere se dopo un’ora di gioco ha i crampi e mi chiede il cambio, ne ho sprecato uno per colpa sua, comprenderei dal trentaseienne Moretti ma non da lui. Ljajic ha avuto la cagarella, su Iago Falque neanche rispondo“. Il tecnico serbo ne ha un po’ per tutti insomma: doveva essere la notte della verità ed il responso amaro è un settimo posto che – fortunatamente – non lo accontenta. Andrebbe bene se questo Torino non avesse provato in estate ad elevare l’asticella delle sue ambizioni ed in questo progetto non avesse incluso il passionale Sinisa. Ma i calciatori più rappresentativi – quelli che dovrebbero fare la differenza perché deputati a farla – sono sintonizzati sulle sue frequenze?