PrandellI: «Italia, che sofferenza: la ferità è ancora aperta» - Calcio News 24
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2015

PrandellI: «Italia, che sofferenza: la ferità è ancora aperta»

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Il tecnico azzurro: «Mi prendo le responsabilità, ma il calcio è questo»

«Io mi prendo sempre le mie responsabilità e tuttora penso che se contro la Costa Rica eravamo andati 15 volte in fuorigioco e non avevamo fatto neanche un gol, non sarebbe stato giusto prendersi scuse: chi ha delle responsabilità sportive deve fare questo. E dovremmo cominciare ad accettare il fatto che lo sport è crudele anche perché in un determinato momento ci sono squadre che si dimostrano più forti della tua». Dalle pagine de La Gazzetta dello Sport, Cesare Prandelli, ex commissario tecnico della Nazionale azzurra, torna a parlare del Mondiale brasiliano, un cruccio: «Se avessi saputo che anche Abete avrebbe dato le dimissioni, avrei cercato di convincerlo a non dimettersi. E forse, se io avessi aspettato uno o due giorni sarebbe stato meglio, visto quello che è successo dopo. In quel Mondiale ci sono mancati giocatori come Montolivo, Giaccherini, Diamanti, Maggio: ragazzi che trasmettevano cose importanti e amalgamavano gli altri».

CHE ERRORE – All’errore delle dimissioni si è aggiunto quello di accettare la sfida molto difficile del Galatasaray. Finita con un esonero ancor più difficile da digerire: «In quei giorni Unal Aysal, il presidente del Galatasaray – club con 30 milioni di tifosi, non uno scherzo – mi apparve come un visionario e a volte i visionari ti fanno vedere il futuro. Io ci credo e gli credetti, anche perché avevo tantissima voglia di rimettere le scarpe da calcio e tornare subito in campo. Avrei accettato anche una squadra di serie B e comunque quello era un progetto totalmente innovativo, che nessuno mi aveva mai proposto: ‘In un anno comprerò un club italiano, uno inglese, uno tedesco e ho il Galatasaray. Lei per un anno sarà il responsabile del Galatasaray e poi si occuperà del progetto di un’Academy europea: 1600 giovani e 150 collaboratori che potrà scegliere lei. Eravamo a Vienna, ad agosto: arriva la signora Ebru Cokksal, un membro del board societario, e mi spiegò che quella propostami dal presidente era solo un’idea impossibile».

FERITA APERTA – E dopo una frecciata alla FigcÈ mancato il coraggio di lasciare tutti al loro posto, come fece la Germania: due anni dopo hanno vinto il Mondiale»), la verità sulla sua situazione sentimentale legata al calcio: «Guardando le partite della Nazionale, in diretta faccio un po’ fatica: me le guardo in differita. E’ una ferita che resta aperta, è una fine che non ho ancora elaborato del tutto, come quando finisce una storia d’amore. Le emozioni di quattro anni così intensi non passano via così e sono ancora forti: la Nazionale è qualcosa che va al di là di tutto, chi non capisce questo non ama fino in fondo la sua nazione. Quando sono arrivato sulla panchina azzurra non immaginavo fosse così: è una cosa che unisce tutti e deve essere di tutti».