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2014

Prandelli: «Nessuna umiliazione al Mondiale. Non sono scappato!»

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L’ex ct azzurro: «Da uno a dieci lo stress per l’avventura Mondiale è stato più di 10»

PRANDELLI ITALIA – Cesare Prandelli, attuale allenatore del Galatasaray, ha parlato finalmente al Corriere della Sera con Beppe Severgnini a proposito dell’addio all’Italia e dell’avventura mondiale. Di seguito trovate la lunga intervista di Prandelli: «In questi giorni ho pensato molto e mi è venuto in mente che nella vita di un professionista ci sono alti e bassi, ma sono gli alti e i bassi di un privilegiato. Gli attacchi che mi sono stati fatti sono crudeli ma non devo sentirmi una vittima».

JUVE – Ancora Prandelli: «Sono stato vicino alla Juventus due volte, ma sono orgoglioso della scelta che ho fatto di restare a Firenze. Credevo in quel progetto sportivo. Conte? Una volta disse che perdere è come morire. Posso credere che oggi lui viva uno stress da vittorie. Se diventasse nuovo ct italiano sarebbe difficile trasportare quella carica in quel ruolo. Il c.t. della nazionale ha pochissimo tempo. Puoi ovviare, in parte, se hai un blocco di giocatori di una squadra».

STRESS – Prandelli ha aggiunto: «Da uno a dieci lo stress per l’avventura Mondiale è stato più di 10. Non parlo di stress professionale, lì le critiche feroci ci stanno. Il Mondiale non è un’umiliazione, un’umiliazione è vedere la nostra Italia che arranca in tutti i settori, purtroppo. In Brasile non ha funzionato il progetto. Pensavamo di mettere in difficoltà la Costa Rica e non ce l’abbiamo fatta. Il progetto tecnico è fallito e la responsabilità è solo mia. Ho cercato di seguire le indicazioni datemi dalla Serie A. Ho pensato che, con gente di qualità in mezzo al campo, avremmo trovato facilità di manovra e profondità con gli esterni. Con la Costa Rica non ha funzionato».

ORE – Prandelli ha continuato: «Per quanto riguarda i posti e gli orari in cui abbiamo giocato io mi ricordo i giornalisti italiani al sorteggio. Tre giorni a gridare “Vergogna! Ci hanno trattato come la squadra ultima al mondo!” anche se poi si sono scordati di ogni cosa. La squadra comunque con Montolivo e Rossi aveva mostrato ottime cose ma dopo gli infortuni abbiamo dovuto cambiarla. Balotelli? Non è un cattivo ma vive in una sua dimensione che è lontana dalla realtà. A 24 anni può fare tesoro da questa esperienza. Buffon? Se lo critichiamo dopo 142 partite in nazionale non abbiamo capito cosa ha fatto…».

SQUADRA – Prandelli poi si è soffermato sul calcio tedesco: «Quando la Germania si è sentita in difficoltà si è chiesta quale fosse la sua squadra più importante e non ha risposto Bayern o Borussia bensì “Germania” e tutti si sono messi al servizio della nazionale. Nelle squadre italiane giocano il 38% di italiani. Dicono di puntare sui settori giovanili, ma sono pieni di stranieri!».

ALBERTINI – A livello di federazione, l’ex ct ha detto: «Ho lavorato con Albertini 4 anni. È un uomo perbene, sa il fatto suo, ha avuto esperienza internazionale come calciatore. Lui sa che il sistema non si cambia con un uomo solo, è il sistema calcio che va ampiamente rivisto. Dobbiamo capire che la nostra squadra più importante è la nazionale, solo così riemergeremo».

FUGA – Ancora l’ex ct: «Mi ha dato fastidio la critica sull’essere scappato, con l’idea della fuga. Io ho dimostrato nella mia vita non non scappare, a Parma dopo il crac Parmalat sono rimasto e siamo arrivati quinti. È successo a Firenze. Non sono scappato. Sono rimasto al mio posto da solo, con i dirigenti inquisiti in Calciopoli e saremmo arrivati secondi senza la penalizzazione. E poi siamo dimissionari, non sono scappato con tutta la federazione. Si parla di fuga, ma fuga de che? Non sono scappato da nessuno!».

MARKETING – Prandelli ha continuato: «Dicono che sono un uomo di marketing. Marketing vuol dire portare gli azzurri a Rizziconi o nei campi di concentramento? Se è così allora lo faccio tutti i giorni e vorrei che lo facessero tutti. Ma anche sugli spalti sta succedendo di tutto. Una volta c’erano eroi poveri in campo e benestanti sugli spalti, l’applauso era garantito. Oggi accade il contrario. In campo ci sono persone ricche e sugli spalti persone sempre più povere. Siamo privilegiati, dobbiamo essere riconoscenti al pubblico».

INFINE – Alla fine Prandelli ha chiosato: «Non c’era tempo per spiegare tutto questo e poi ufficializzare il passaggio in Turchia. Mi hanno chiamato dal Galatasaray, poi richiamato. Sono un gran team e molti giocatori erano in standby per me. Io poi volevo tornare ad allenare sul campo tutti i giorni. Quando cadi dalla bicicletta da bambino devi risalirci subito. Dovevo anche alle persone che mi volevano bene di tornare a allenare tutti i giorni, non stavo bene. Mi hanno accusato perfino di “non essere rimasto a elaborare il lutto”. Ma questo non è compito dei defunti!».