2014
Italia, Buffon: «Ho curato la depressione. Ho commesso errori da giovane ma non rinnego tutto»
ITALIA BUFFON – Gianluigi Buffon, portiere della Juventus e della nostra Nazionale, si prepara a vivere il Mondiale del Brasile da protagonista. Per il numero uno potrebbe essere l’ultima esperienza in un Mondiale ma Buffon non ci pensa e ripercorre la sua carriera in una bella intervista concessa a “La Repubblica” tra calcio e vita.
PERHE’ PORTIERE – Buffon spiega il motivo che lo ha indotto a diventare un portiere: «Per narcisismo, per una forma di protagonismo esasperato. Non mi sarei accontentato di essere un buon portiere di serie C. Volevo diventare ciò che sono oggi: il miglior portiere al mondo di trentasei anni. Sono diventato un portiere anche per cattiveria agonistica, volevo strozzare in gola l’urlo del gol ai tifosi avversari».
GLI ERRORI – Buffon poi ha ripercorso i suoi errori di gioventù, dalla famosa maglietta “Boia chi molla” alle scommesse clandestine: «In gioventù ho fatto moltissimi errori: “Boia chi molla” e il numero 88 che evoca Hitler, il diploma di ragioniere comprato, le scommesse clandestine, il gol-non gol di Muntari in Milan-Juve, la frase infelice “meglio due feriti di un morto”. Sono stato ignorante e l’ignoranza non è una giustificazione, ma bisognerebbe saper perdonare la gioventù. Ci sono dichiarazioni che non rinnego, quella sul gol di Muntari per esempio, peccherei di ipocrisia. Le scommesse… è capitato anche questo. Il gioco ha sempre rappresentato e continuerà a rappresentare un piacere, un piacere e uno svago. Purtroppo in Italia non si vive con serenità questo tipo di attività e il concetto di gioco d’azzardo rimane tabù. Si preferisce l’associazione triangolare gioco-dipendenza-rovina».
LA DEPRESSIONE – Buffon parla poi di un brutto periodo, quello del 2003/2004 quando fu colpito dalal depressione: «Era la stagione 2003-2004. La Juventus era senza obiettivi. Mi sentivo solo come mai prima, non ero fidanzato, mi rincoglionivo davanti a Internet. Nel letto mi stringevo la testa alle ginocchia e piangevo. Non mi hanno salvato né il calcio né l’analista. Ho cominciato a leggere, a visitare mostre d’arte, a interessarmi a quanto accadeva nel mondo. Sa, a scuola ero bravo. Gli insegnanti mi hanno sempre riconosciuto una certa proprietà di linguaggio. Alla soglia dei trent’anni mi sono arrabbiato con me stesso e ho cominciato una ricerca di legittimazione culturale. Ogni giorno compro due quotidiani più la Gazzetta dello Sport durante i ritiri, ho letto molti libri sulla storia degli anni di piombo e sulle bande criminali italiane da Cavallero alla Magliana, i romanzi della Fallaci ma anche l’ultimo saggio di Tremonti, una biografia di Renzi e, lei mi prenderà per pazzo, un manuale di programmazione neurolinguistica».
LE PARATE – Sono tre le parate che Buffon ritiene le migliori: «Amichevole Italia-Paraguay, aprile 1998 al Tardini di Parma, Spareggio per la Coppa Campioni tra Inter e Parma, maggio 2000: perdiamo 3-1, ma tolgo da sotto l’incrocio una conclusione di Recoba. Infine, la finale di Champions del 28 maggio 2003 tra Juventus e Milan a Manchester: colpo di testa di Inzaghi da pochi passi. Sono tutte su Youtube».
I MODELLI E I RIVALI – Poi Buffon parla dei colleghi più ammirati e degli avversari più temuti: «Tra i colleghi ho ammirato l’audacia di Seba Rossi e Schmeichel, l’esplosività di Peruzzi, l’eleganza di Marchegiani, la classe di Antonioli e Pagliuca, i riflessi di Toldo e Van der Sar. I rivali più temuti? Ronaldo, Cristiano Ronaldo, Messi ma soprattutto Bobo Vieri».
LA PREPARAZIONE – «A trentasei anni contano più i riflessi o l’esperienza? Le motivazioni. I riflessi si appannano. Alla mia età non si migliora più, è meglio ridurre il lavoro tecnico e curare maggiormente la prevenzione degli infortuni, l’alimentazione e l’attività in palestra. Certo, non sarei più in grado di reggere gli allenamenti di vent’anni fa. Oggi però il calcio è soprattutto specializzazione».