Roland Garros uomini: 10 memorabili vittorie - Calcio News 24
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2014

Roland Garros uomini: 10 memorabili vittorie

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Nuovo appuntamento con la rubrica «Non Solo Calcio», a cura di Ubitennis.com!

1976 Adriano Panatta

“Per fare il tennista professionista bisogna essere un po’ pazzi,” racconterà Adriano Panatta al regista Mimmo Calopresti. In quel disperato allungo sulla sua destra ad impattare con la volée di rovescio il passante di Pavel Hutka – 27enne di Sumperek dal gioco atipico, che schiaccia e serve con la mancina ma porta i colpi di rimbalzo usando la destra – è racchiusa tutta la follia del pariolino. Siamo al primo turno del Roland Garros ed Adriano, ritrovatosi sotto 2-6 6-2 6-2 0-6 9-10, deve annullare un match point all’esordiente cecoslovacco. Ne aveva già dovuti salvare undici a Kim Warwick a Roma, dove aveva poi finito per vincere il torneo. Una storia che si ripete a Parigi in quel magico ’76. Passato lo spavento, Adriano supera un frastornato Hutka 12-10 al quinto e da lì inizia la sua scalata.

I match con Dibbs e Salomon saranno una pura formalità per Panatta. A preoccuparlo non saranno tanto i suoi avversari ma le persone a lui più vicine: l’inseparabile amico Paolo Bertolucci – che partendo per Berlino scambierà le Superga 44 di Adriano con le sue 43, costringendo Panatta a farsene inviare d’urgenza due paia da “Bartoni Sport” di Roma poiché a Parigi le Superga non erano in vendita – e la moglie Rossana, che nel giorno della finale gli chiuse la mano dentro la portiera. Fortunatamente la sinistra.

Uno slam torna in Italia dopo 16 anni ed Adriano sale al n.4 delle classifiche mondiali

1983 Yannick Noah

In Francia sono 37 anni che attendono un successo di un proprio connazionale al Roland Garros, l’ultimo era stato Marcel Bernard. Ma Yannick Noah non è un francese qualsiasi. È un personaggio globale, un genio ribelle, un trascinatore severo. È afro-francese, in uno sport sostanzialmente di bianchi. Vincere il Roland Garros ha doppia valenza, per quanto lui non abbia mai voluto dare uno sfondo razziale ai suoi successi.

In quel 1983 a Parigi si gioca il primo Slam stagionale, l’Australia è ancora lontana non solo geograficamente. Noah ci arriva non da favorito, pur potendo approfittare di un tabellone benevolo. In un mix di spregiudicatezza e spettacolarità, avanza neanche troppo in punta di piedi. Con le sue continue discese a rete incanta, e ammalia i suoi avversari messi in fila uno dietro l’altro. Neanche Ivan Lendl ai quarti può nulla contro i colpi “ad effetto” del transalpino. In semifinale a sopresa trova Christophe Roger-Vasselin, “giustiziere” del numero 1 del mondo Jimmy Connors, spazzato via 6-3 6-0 6-0. L’ultimo scoglio sta nel campione uscente Mats Wilander, accolto dai diciottomila del Philippe Chatrier lì tutti per Noah. Sostenuto dalla folla, il francese fa suoi i primi due set 6-2 7-5. Dimostra non solo improvvisazione ma anche grande sagacia tattica. “Yannick sapeva esattamente quello che doveva fare,” rivelerà in seguito Wilander. La risposta lunga dello svedese consegna a Noah anche il tiebreak del terzo set. Può finalmente alzare le braccia al cielo e correre ad abbracciare il padre Zacharie, balzato in campo.

Finisce un’era, Noah è l’ultimo giocatore a vincere uno slam con una racchetta di legno.

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