2013
Come cambia il Milan: torna Kakà ma è Balo luomo in più. Un caso alle porte e qualche dubbio
Carenze in difesa ed a centrocampo, la società la pensa diversamente
In fin dei conti era annunciato: i botti di mercato in casa Milan sarebbero arrivati alla fine e soltanto in caso di qualificazione alla fase a gironi della Champions League 2013/14. E così è stato, almeno nei fatti e non nelle opinioni: nel senso che i colpi sono realmente stati effettuati ma non hanno raccolto il consenso dell’intera opinione pubblica.
IL RITORNO DI KAKA’ – Tifosi in visibilio, Kakà in visibilio, Galliani in visibilio: “tra Ricky e l’ambiente rossonero si è creato qualcosa di inspiegabile, a Milanello sono passati tanti grandi campioni ma il legame con il brasiliano è più forte rispetto a tutto il resto”. Queste le parole dell’amministratore delegato rossonero a sancire un ricongiungimento scritto nel destino dopo le quattro deludenti stagioni con la maglia del Real Madrid: se si tenta per un attimo di analizzare la fattispecie al netto dell’ inevitabile entusiasmo iniziale si possono intravedere pro e contro dell’operazione. Non mancano i vantaggi: Kakà infonde entusiasmo nell’intera piazza rossonera peraltro smorzando qualche dissapore mai nascosto da un’importante fetta di tifosi circa le carenze delle ultime campagne rafforzamento; il brasiliano inoltre è pedina di assoluto valore tecnico e caratteriale e, con un Milan ridisegnato in modalità 4-3-1-2 per diktat presidenziale, può senz’altro ritagliarsi una parte importante. I primi test atletici narrano di un calciatore al top della condizione ma l’impressionante continuità sfoggiata nella sua prima era rossonera resterà giocoforza un ricordo.
ATTACCO PUNTO FORTE – Quello era un Kakà da pallone d’oro, non lo può più essere questo che però – come già anticipato – non farà certo la figura del brocco: l’opinione personale è quella che i cavalli di ritorno difficilmente funzionino, ma se la piazza sarà tanto intelligente da apprezzare comunque un giocatore differente il brasiliano può fare bene. A stravolgere gli equilibri ci pensa invece Mario Balotelli: è lui il crac della nuova era rossonera. L’ambiente rossonero peraltro sembra – fino a prova contraria e non escludibile – averne smorzato quei limiti caratteriali che non gli hanno finora consentito il definitivo salto di qualità: perché, superati quelli, l’ex centravanti di Manchester City ed Inter è un calciatore devastante a cui spetta di essere incluso tra i migliori del pianeta. Forza fisica schiacciante, tecnica, talento e capacità di fare gol in ogni modo. Con loro i vari El Shaarawy, Matri, Pazzini, Robinho e Niang. Troppi? Forse sì. E può definitivamente esplodere il caso Faraone: Allegri, nonostante l’enorme disponibilità offensiva, ha richiesto una punta quale Matri (arrivati lui con Kakà e dimenticato Niang nella lista Champions, ma il progetto giovani?) in grado di dare profondità alla manovra e creare gli spazi per gli inserimenti dei compagni. Nel nuovo disegno tattico il giovane attaccante scende in campo di meno ma, a prescindere da tali considerazioni, sono in tanti a chiedersi il perché di ulteriori innesti nel pacchetto offensivo…
LE MANCANZE – … Quando è invece evidente che la squadra sia carente in altri settori di campo: in retroguardia, al netto degli infortuni dell’ultima ora, bene sugli esterni con Abate e De Sciglio ma il Milan è piuttosto sofferente nel suo pacchetto centrale. Se l’obiettivo è quello di competere con la Juventus per il predominio nazionale e di disputare una Champions League di livello assoluto il confronto in tal senso è piuttosto impietoso. E a dire il vero manca anche un centrocampista dinamico in grado di cambiare il volto della squadra con passo, qualità ed inserimenti: un profilo alla Vidal, o alla Guarin se si vuole restare con i piedi per terra. Quel ruolo svolto eccellentemente nella seconda fase della scorsa stagione da Flamini e richiesto oggi a Poli: l’ex Samp può fornire risposte positive ma nel complesso – anche in fase d’interdizione – il reparto andava ulteriormente adeguato. La cessione di Boateng aumenta il gap in tale direzione. Dunque necessità maggiori in altri settori: la dirigenza, con il lasciapassare di Allegri, l’ha pensata in maniera diversa.