2012
Crisi Roma: falsa partenza prevedibile, Zeman va atteso. Ma no al copione del perdente ribelle. Dove sbaglia la dirigenza
Dopo sole sei giornate la Roma ha deluso le enormi aspettative iniziali che hanno accompagnato il ritorno di Zdenek Zeman sulla panchina giallorossa. Il grande ritorno, come da molti appellato: la Roma oggi è già in crisi, lo dice la sua classifica – otto punti di cui i tre di Cagliari a tavolino tutti ancora da valutare – e lo grida la sua scarsa, inesistente, personalità mostrata finora. Assurde le rimonte subite in casa, inconsistente la prestazione di Torino. Unico lampo la trasferta di San Siro contro l’Inter, ma non può bastare.
ZEMAN IMPUTATO PRINCIPALE? – La chiave di lettura qui proposta è differente. Prima del disastro di Torino le mancanze di risultati erano addebitabili ad errori tecnici dei difensori, vedi Piris in Roma-Catania, ancora Piris in Roma-Bologna, Burdisso in Roma-Bologna, Stekelenburg in Roma-Bologna e Roma-Samp. Reti subite a difesa schierata, frutto più di disattenzioni singole che del solito antico copione della squadra di Zeman: bella e perdente. E qui veniamo al secondo punto: del calcio di Zeman non si è visto ancora nulla. Non c’è traccia delle sue trame offensive, della sua verticalità, dei tagli dei suoi attaccanti esterni o degli inserimenti continui dei suoi mediani. Né della difesa alta o delle sovrapposizioni. Il boemo va aspettato per un motivo: il suo calcio – limite o forza è poi opinabile – necessita di una condizione atletica superiore a quella dell’avversario per potersi manifestare ed imporre. E la preparazione atletica – sia quella estiva che i richiami nell’arco della stagione – è studiata per questo: dura, pesante, penalizzante nelle prime fasi perché lascia in eredità gambe imballate ma esaltante nel lungo periodo. Inoltre, fattore fondamentale, c’è da assemblare un organico in larga parte ricostruito e chiamato ad assimilare i concetti tattici zemaniani non propriamente immediati. Insomma una falsa partenza – pur se non in tali misure – ampiamente prevedibile.
GLI ERRORI DELLA DIRIGENZA – La politica dei giovani di valore – diktat della nuova proprietà americana – prevede l’acquisto di giocatori già validi nel presente ma che possano rappresentare un decisivo valore aggiunto nel futuro. E tanti acquisti firmati Baldini-Sabatini si inquadrano in tal verso: Pjanic, Lamela, Destro, Nico Lopez, Tachtsidis e chi più ne ha ne metta. Giocatori di spessore ma ancora non fatti, peraltro assolutamente in unione con la scelta di affidare la panchina giallorossa a Luis Enrique prima ed a Zeman poi, due tecnici che prediligono lavorare con i profili appena descritti. Dove sono gli errori allora? La rischiosa politica societaria è adottata con competenza dalla dirigenza, che però ha voluto andare oltre quando non c’era bisogno: Piris è un oggetto del mistero, Dodò è fermo ai box da più di un anno e la Roma, dopo campagne acquisti dispendiose e che hanno interessato un elevato numero di calciatori, si ritrova ancora con Taddei da esterno basso. E con un centrale brasiliano classe ’94 adattato a laterale dopo esser stati costretti a schierare in campo un Balzaretti impossibilitato a giocare. Impossibile, inconcepibile, un epilogo da film horror.
IL FUTURO NON PUO’ CHE ESSERE CON IL BOEMO – Alcune indiscrezioni provenienti da Trigoria parlano già di una posizione in bilico per il tecnico. Sinceramente ci sentiamo di escludere tale opportunità. I motivi: la società si è battuta in estate per sottoporre al tecnico un contratto biennale, contro la volontà dello stesso di legarsi al club per un solo anno, come ha sempre prediletto. Segnale chiaro per dare vigore ad un progetto tra i quali cardini risultasse proprio Zdenek Zeman. Una decisione nel senso opposto getterebbe un’ombra importante sull’operato della dirigenza. Le ragioni tecnico-tattiche invece sono quelle già citate: la preparazione atletica/condizione fisica, i tempi necessari per l’amalgama di un organico nuovo e per recepire i dettami zemaniani. L’ultimo passo è quello di non promettere la luna: ad inizio stagione si è anche discusso di scudetto, circostanza che può essere fatale per una piazza tanto entusiasmabile quale quella romanista. E’ palese la presenza di squadre più attrezzate ed avviate, l’obiettivo massimo è il terzo posto. Quel duro, difficile ritorno in Champions League ottenibile a patto che anche per Zeman l’unico pensiero sia il campo da gioco e che eventuali teatrini siano rimandati al futuro, quando e se i risultati arriveranno, quando e se l’extra campo sarà suffragato da una posizione di classifica che non disegni il solito copione della simpatica e graffiante voce fuori coro. Del perdente ribelle. No. Questa volta non potrebbe bastare.