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2012

Inter, Stramaccioni svela i rapporti con Sacchi e Spalletti e sul contratto…

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Intervenuto nel corso del programma di “Sky Sport”, “4-3-3”, condotto da Alessandro Costacurta, Andrea Stramaccioni, allenatore dell’Inter, ha rilasciato alcune batutte per parlare del suo lavoro in nerazzurro, dove è arrivato per condurre la squadra nelle ultime otto gare di questa stagione travagliata per il club del patron Massimo Moratti, il quale ha sempre ribadito la sua fiducia e stima nell’ex guida tecnica della Primavera interista, tanto da confermarlo anche per il futuro.

Stramaccioni parte spiegando come mai non ha deciso di tentare la carriera da calciatore: “Ho sempre avuto diversi problemi fisici, di tutti i tipi. Quando ero più giovane, pensavo di essere sfortunato, mentre alla lunga ho iniziato a vederla diversamente. Avevo sognato di fare il calciatore professionista, io ho sempre comunque studiato, non vedevo il calcio come metodo di sostentamento, piuttosto come la mia passione da portare avanti. Ero un po’ la pecora nera di famiglia, dove sono tutti pluri-laureati, e tutti dicevano ‘Andrea è quello del calcio’…”.

Sulla curiosità a riguardo della sua tesi sulle squadre quotate in borsa: “Mi mancava un esame per laurearmi, dovevo fare una finale con le giovanili della Roma, ma per rimandare l’esame dovevo portare il permesso di lavoro, che per me equivaleva al contratto con la Roma. Il professore mi guardò e mi disse che ero un caso particolare e voleva studiare una tesi sperimentale interessante. Io volevo laurearmi entro due mesi e lui mi disse che non ci sarebbero stati problemi, mi ha aiutato, lo posso dire, e feci una tesi sperimentale sulle società quotate in borsa”.

Su quanto sia stato importante per la crescita di Stramaccioni lavorare al fianco di Spalletti: “Ho preso tantissimo da lui. Di allenatori ne ho osservati e studiati tanti, ma con lui c’era il contatto quotidiano. Lavoravamo a fianco, ed io magari mi nascondevo dietro un cespuglio e cercavo di rubare qualsiasi cosa, anche le capacità di dialogare con la squadra. Una volta ricordo che lo ho approcciato per chiedergli una domanda, non mi rispose perché disse che la risposta era “molto lunga”, io comunque gliela chiesi, perché non ci dormivo la notte nel cercare di capire come mai alla Roma iniziò ad usare la difesa a quattro dopo tante esperienze con la difesa a tre, e lui allora mi guardò e rispose “la risposta è lunga, ma te la dico un’altra volta”; in quel momento penso di aver guadagnato qualche punto nei suoi confronti”.

Sul rapporto con Arrigo Sacchi ed il “no” per il ruolo di C.t. di un’Under azzurra: “Solamente vedendo giocare le mie squadre, mi ha detto delle cose belle. Per me lui era ed è un’icona. L’offerta della Nazionale era bellissima, mi sono commosso, ma io gli ho spiegato che vivo di passioni e di stimoli. Volevo provare a dare un’impronta ad una squadra e vivere ogni giorno con i calciatori. Lui mi disse che era la stessa risposta che lui diede a suo tempo, e lì ci siamo innamorati”.

Sulla scelta di Massimo Moratti di affidare a lui la panchina dell’Inter, e se si considera predestinato o fortunato: “Onestamente, non penso di essere nessuno dei due. La NextGen l’abbiamo vinta e, forse, è stata decisiva nella decisione del presidente. Quando hanno sostituito Gasperini, mi chiesero se mi sentivo un candidato per la panchina dell’Inter, ed io risposi assolutamente di no. Quando sono arrivato all’Inter, mi dissero che non avevano intenzione di rendermi solamente un allenatore della Primavera, ma volevano far crescere una figura professionale, che magari poteva crescere altrove, anche in B, ma sempre in orbita Inter. La scelta del presidente penso sia originata nel corso della finale della NextGen series, dove ha seguito la squadra. E svelo un retroscena: oltre al contratto da Serie A, il direttore, Piero (Ausilio, ndr), mi fece firmare anche un contratto di altri due anni con la Primavera, così che, se non avessi retto la pressione dell’esperienza in A, e ne fossi uscissi completamente devastato, sarei comunque potuto tornare ad allenare la Primavera oppure, anche se avessi deciso di smettere di allenare, sarei comunque rimasto tranquillo”.

Infine, chiosa su come mai non ha fatto esordire tanti giovani nel finale di stagione: “Chi poteva conoscere meglio di me i calciatori della Primavera? Non avendo ritenuto nessun giocatore pronto nella mia Primavera per calcare certi palcoscenici, ho inserito gradualmente i migliori nel progetto Inter, che potrà sfociare nei prossimi anni. Inserire Longo per Milito, o Pazzini, equivale a perderli entrambi. Aspettiamo, anche perché San Siro ti brucia se non riesci a fare subito bene, non ti permette si sbagliare, dunque ho preferito sfruttare qualcuno più pronto”.