2014
Da Conte ad Allegri, dall’uomo che pensa a quello che si accontenta
Il cambio di guida tecnica una questione di motivazioni, sì, ma anche di convinzioni
Il passo indietro di Antonio Conte, che ha deciso di lasciare la panchina della Juventus, sulla quale ora siede Massimiliano Allegri, rievoca una riflessione di Fabrizio De André, cioè quella secondo cui «gli uomini si dividono in due categorie: quelli che pensano e quelli che lasciano che siano gli altri a pensare».
Il cambio di guida tecnica del club bianconero ha provocato lo smarrimento dei tifosi bianconeri, che si è poi trasformato in rabbia per la scelta di affidare le redini della squadra all’ex allenatore del Milan. E’ partita la caccia alle indiscrezioni per capire le reali motivazioni di Conte e quelle che hanno spinto il club campione d’Italia a puntare su Allegri, una ricerca che poi lascerà il passo ad una serie infinita di confronti. Tralasciando gli aspetti che hanno caratterizzato il divorzio più clamoroso d’Italia, che lasceremo scorrere nel fiume d’inchiostro che si sta sprecando in queste ore, è evidente il segnale che ha lanciato Andrea Agnelli con la decisione di puntare su Allegri. Quale? Prima vi racconto una storia.
C’era una volta un capitano che voleva a tutti i costi rinnovare il contratto con la sua squadra del cuore: «Sono disposto a firmare anche in bianco». L’uscita pubblica così netta e decisa di Alessandro Del Piero fu interpretata dal giovane patron come un tackle alla Montero piuttosto che come una dichiarazione d’amore. Cosa c’entra tutto questo con Conte? Accentratore per necessità, come quando riusciva a calibrare il mirino della stampa verso di sé per alleggerire la sua squadra dal peso delle pressioni, Conte, che ha anche catalizzato l’affetto dei tifosi, è un uomo che pensa ed in quanto tale rivendica le sue idee. Criticato per la scelta di abbandonare la nave a due giorni dalla partenza in mare aperto, Conte è un uomo che non scende a compromessi, il tipo di persona con cui insomma non puoi trattare.
Consapevole della creatura costruita in tre anni, l’allenatore salentino era convinto che fosse possibile fare un passo in avanti verso il salto di qualità in Europa internazionalizzando la rosa con elementi validi, esperti e carismatici. Quando ha chiesto che la rosa fosse rafforzata con gli acquisti di Alexis Sanchez e Mario Mandzukic, la società ha risposto aprendo le trattative per Juan Manuel Iturbe (poi passato alla Roma) e Alvaro Morata. Le ragioni economiche alla base della scelta di una linea differente? Sarebbe imbarazzante affermarlo, se pensiamo che i primi due sono stati acquistati rispettivamente da Arsenal e Atletico Madrid per 40 e 22 milioni di euro, mentre gli altri due avrebbero richiesto un investimento di circa 50 milioni di euro complessivi, non certo spiccioli.
Questione di motivazioni, certo, ma anche di convinzioni, che hanno cozzato, culminando nello scontro decisivo. E allora meglio puntare su un profilo meno autoritario, più equilibrato: Allegri ai tempi della sua esperienza al Milan non ha alzato la voce dopo le cessioni di Zlatan Ibrahimovic (che tra l’altro era il perno del suo schema “palla avanti e pedalare”) e Thiago Silva, perché non è uno che fa tragedie per il mercato, né sta lì a tirarla per le lunghe nelle trattative pur di strappare un contratto e tenersi in caldo il posto, ma può finire nel ciclone delle polemiche e ti risponde con un sorriso beffardo, piuttosto che vedere nemici ovunque, anche quando non ci sono.
Nelle ultime ore Allegri è stato definito aziendalista, ma chissà che non lo sia in realtà Conte. Del resto “l’aziendalista” non è colui che difende le sorti di un’impresa anziché lasciare che siano gli altri a pensare per lui?