Portogallo-Italia: perché era meglio guardare Tre uomini e una gamba
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Era meglio guardare Tre uomini e una gamba

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Portogallo-Italia è l’ennesima magra figura del nostro calcio a livello internazionale. Il problema era davvero la coppia Tavecchio-Ventura?

Chi ha avuto il coraggio di guardare il primo tempo dell’Italia difficilmente ha avuto la stessa forza d’animo per assistere anche al secondo. E menomale, verrebbe da dire. Ai tifosi del Milan sarebbe venuto il coccolone a vedere André Silva (mica Van Basten) fare il bello e il cattivo tempo nella metacampo azzurra. A tutti gli altri avrebbe fatto l’effetto di una purga. Ma chi ha avuto il coraggio di proseguire la macabra esibizione in Portogallo a fine partita si è ritrovato a dover fare i conti con un rimpianto. E soprattutto con una domanda, che suona più o meno così: «Perché non ho guardato Tre uomini e una gamba?». Già, perché? Perché tutti quanti, o quasi, abbiamo commesso lo stesso errore: credere e pensare che i mali del nostro calcio fossero legati a Tavecchio e a Ventura.

CHE DISASTRO – Poi, a Lisbona, arriva il momento di risvegliare le proprie coscienze. E si comincia a guardare in faccia la realtà: cosa è cambiato con Fabbricini e Mancini da qualche mese a questa parte? Poco, anzi nulla. Le figuracce sul campo e fuori dal campo proseguono copiose. Il primo rischia di dover mettere mano ai campionati di Serie B, irrobustendolo di squadre quando sono già passate due giornate (per non parlare della Serie C, che non ha ancora un roster definito di squadre). Il secondo si comporta come un dilettante allo sbaraglio, con risultati francamente imbarazzanti.

LE CONTRADDIZIONI – La settimana orribile del Mancio, che ne ha combinate più di Bertoldo, è cominciata a Coverciano, in conferenza stampa. Ha iniziato il sermone ammonendo tutti i club: «Fate giocare i nostri italiani». Lui, quello che scendeva in campo in Champions League con un battaglione di stranieri, che di Made in Italy avevano solo la formazione calcistica (alcuni). Poi si passa alla formazione anti-Polonia: 4-3-3, bene così, un segnale di continuità sul solco delle sue prime tre amichevoli. Le cose non vanno a meraviglia, a Bologna si strappa un pareggio per il rotto della cuffia. Ma va bene così: il rodaggio, fisiologico, continua.

DILETTANTI ALLO SBARAGLIO – Prima della partita col Portogallo altro sermone: «Non si giudicano i giocatori dopo una sola partita». Verrebbe da pensare: l’Italia che affronterà i lusitani avrà l’occasione per riscattarsi. Magari. Scende in campo una squadra disordinata, che sembra una rappresentativa di dilettanti. Gente fuori ruolo, nove undicesimi diversi rispetto a Bologna, giocatori adattati. Giocatori che, in stagione, non avevano nemmeno un minuto nelle gambe come il povero Caldara. E senatori, investiti come tali come Chiellini e Bonucci, in panchina a fare non si sa che cosa.

STOP AGLI ESPERIMENTI – La prestazione di una rappresentativa di dilettanti, perché non si può chiamare Italia quella vista in Portogallo, è uno scempio. Ma d’altronde all’esordiente Lazzari, all’arrugginito Caldara, all’attempato Criscito, allo spaesato Cristante, al fuori forma Gagliardini e all’inconcludente Zaza cosa si poteva chiedere? Basta esperimenti. Basta, basta, basta. Va bene che in Italia tutti sono e si sentono ct, va bene che siamo un popolo di brontoloni. Ma stavolta non è che abbiamo tutti i torti. Anzi, abbiamo torto per un motivo: non abbiamo guardato Tre uomini e una gamba. Almeno su Italia 1 si poteva ridere.