Eroi per caso, ascesa e caduta nel tempo di un Mondiale - Calcio News 24
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2014

Eroi per caso, ascesa e caduta nel tempo di un Mondiale

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italia argentina schillaci

Le parabole discendenti e lo strano destino delle meteore mondiali

METEORE MONDIALI – Mondiale significa visibilità, e visibilità spesso significa successo e garanzia di una carriera brillante. Spesso ma non sempre però: se sono tante le componenti che creano il mito di un calciatore e lo fanno durare nel tempo è indubbio che i riflettori di un Mondiale possono creare illusioni, falsi campioni ed eroi per caso destinati ad un più o meno rapido declino. Non per mancanza di talento, non necessariamente almeno, ma proprio perché la vita di un calciatore si compone di scelte e di una fortuna pronta ad arrivare, farsi vedere e voltarti le spalle da un momento all’altro. O forse perché non tutti sanno gestire il successo e la notorietà supportati da un carattere solido e da una personalità stabile, così si impiega niente a passare dalle stelle del successo dritti fino alla polvere del dimenticatoio.

IL MISTERO DI UN CAPOCANNONIERE PER CASO – Esempio ideale delle insolite e spesso inspiegabili parabole calcistiche è il nostro Salvatore, al secolo Totò, Schillaci. Se la mascotte di quel Mondiale giocato in Italia rispondeva al nome di Ciao, improbabile omino stilizzato con la testa a forma di pallone, un posto d’onore come uomo immagine di Italia ’90 spetta proprio all’ex attaccante bianconero: le sue esultanze incontenibili dopo le reti segnate sono divenute l’emblema della sete di gol e della gioia di vedere la rete che si gonfia. L’anno precedente al Mondiale la rete, con la maglia della Juventus, Schillaci l’aveva gonfiata eccome, tanto che Vicini scelse si convocarlo in azzurro seppur non come titolare sulla carta. Eppure, come ribadito dallo stesso Schillaci, pareva che qualcosa di misterioso lo stesse guidando durante quel Mondiale: gol contro Austria, Cecoslovacchia, Uruguay, Irlanda, Argentina e Inghilterra. Avrebbe potuto scendere in campo anche bendato, il pallone entrava sempre in porta e il titolo di capocannoniere di Italia ’90 fu suo. E come quel qualcosa di misterioso arrivò, altrettanto repentinamente si spostò da altre parti: basti pensare che nella stagione successiva al Mondiale Schillaci segnò, in 29 partite con la Juventus, una rete in meno di quelle siglate durante lo stesso Mondiale. Non andò meglio l’anno dopo, tanto che la Juventus finì per cederlo all’Inter e in nerazzurro arrivarono soltanto 11 reti in due stagioni. Da lì in poi il Giappone, primo italiano in J-League, e l’indelebile ricordo di un Mondiale davvero magico in cui per un po’ smise di essere “solo” un calciatore.

ESTRELAS CADENTES – Se c’è una Nazione che più di altre sembra adattarsi al profilo di meteore calcistiche, di nomi esotici tanto intriganti quanto spesso fumosi, è proprio il Brasile. E l’emblema assoluto di tale tendenza tutta verdeoro, in chiave Mondiali, è l’esterno destro Josimar. Parliamo del Mondiale messicano del 1986 e scopriamo come l’andamento amaro di quella Coppa del Mondo per la Nazionale verdeoro finisca per somigliare un po’ alla malinconica parabola dello stesso Josimar: il Brasile partì bene e superò brillantemente i gironi, polverizzò la Polonia agli ottavi ma perse ai rigori contro la Francia e si fermò ai quarti. Allo stesso modo Josimar tirò fuori dal cilindro due reti superbe: un tiro dalla distanza con un potente destro contro l’Irlanda del Nord e una conclusione da posizione angolatissima dopo aver saltato tre avversari contro la Polonia. Queste le uniche due reti realizzate da Josimar in Nazionale e, riguardandole, quasi non pare vero che si sia fermato lì. In seguito il suo nome verrà purtroppo associato a faccende di cronaca ben lontane dal calcio. I verdeoro, come detto, sono però dei veri portatori sani di meteore mondiali: in Italia ricordiamo ad esempio Marcio Santos, arrivato alla Fiorentina da titolare fisso nel Brasile campione ma citato più per le improbabili scommesse (la cena con Sharon Stone al raggiungimento dei 7 gol) che non per la sicurezza data al reparto difensivo.

IL RECORD E POI NIENTE – Ricordando USA ’94 non è possibile fare a meno di citare il russo Oleg Salenko che in un pomeriggio del 28 giugno, a qualificazione ormai irraggiungibile per la Nazionale sovietica, decise di mettere la propria firma nella storia dei Mondiali: i 5 gol segnati contro il Camerun rappresentano il maggior numero di reti in una singola partita per un calciatore nella rassegna iridata. Oltre alle 5 reti entrate nella storia Salenko segnò su rigore, nella sconfitta contro la Svezia, per uno score finale di 6 reti che valse al russo il titolo di capocannoniere a parimerito col ben più noto Hristo Stoichkov. Dopo l’avventura al Mondiale americano inziò il declino di Salenko: i problemi di ambientamento in Scozia, coi Rangers di Glasgow, furono il preludio ad una carriera ormai al tramonto dopo il canto del cigno rappresentato dai Mondiali.

UN MOMENTO DI PARADISO – Francia ’98. Dopo una carriera piuttosto complessa, e con una biografia da libro cuore, per Mustapha Hadji tutto sembrò cambiare direzione al 38′ minuto della partita d’esordio del suo Marocco contro la Norvegia: si accentra partendo da sinistra, doppio passo, difensore saltato e pallone che finisce in rete. Una rete che sapeva di riscatto per un giocatore che, vissuto in Francia, aveva avuto non poche difficoltà a farsi accettare pienamente nello spogliatoio del Marocco. In quel Mondiale però per Hadji, il Ronaldo marocchino, sembravano aprirsi più che mai le porte del calcio che conta. Eppure anche in questo caso, dopo essere stato eletto miglior calciatore africano ed aver ottenuto un contratto milionario col Coventry, iniziò il declino: dopo la retrocessione in Championship Hadji pensò bene di ripartire dai rivali dell’Aston Villa. Esperienza ancor più deludente e, da lì in poi, una serie di trasferimenti (in campionati come quello degli Emirati Arabi o del Lussemburgo) senza più riuscire a incidere nel calcio che conta.

DATTI AL PATTINAGGIO – Il Mondiale del 2002, quello disputato in Corea e Giappone, non ha risparmiato sorprese. Certo non fu una di queste la vittoria del Brasile, divenuto pentacampeo, ma spostandosi sulla finale per il terzo posto non può che sorprendere scoprire due squadre come Corea del Sud e Turchia. Nella sfida per il bronzo ebbero la meglio i turchi ed il ruolo del trascinatore fu tutto di Ilhan Mansiz: la sua doppietta infatti, insieme al gol dell’immancabile Hakan Sukur, regalò la vittoria ai suoi. Senza dimenticare che Mansiz si era già reso l’eroe dei quarti di finale segnando il golden goal contro il Senegal. Però, c’è un però. Non ci è dato sapere quale sia l’espressione turca equivalente al nostro “datti all’ippica”, il sospetto però ci viene scoprendo che Ilhan Mansiz, protagonista del terzo posto turco, impiegò pochissimo per tentare – dopo tre memorabili presenze in J-League – strade diverse dal calcio: con la fidanzata pattinatrice, evidentemente ottima insegnante, partecipò allo show Star on ice, andando a vincere, e tentò più tardi persino la qualificazione ai giochi di Sochi.