Il dottor House ed il caso del ragazzo spom-Pato - Calcio News 24
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2012

Il dottor House ed il caso del ragazzo spom-Pato

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“Quando vuoi conoscere la verità su qualcuno, quel qualcuno è probabilmente l’ultima persona a cui dovresti chiedere”.    

Non è una citazione filosofica di Platone o di Jim Morrison, sebbene ultimamente queste si sprechino nella ‘giungla’ virtuale del mondo di internet, ma del mitico Dottor House, personaggio protagonista di una serie televisiva che, per qualche anno, ha spadroneggiato anche sulle nostre reti nazionali.    

Cosa c’entra Dottor House con un editoriale calcistico in effetti non lo so, ma posso provare a sforzarmi per trovare un legame che giustifichi l’utilizzo di frasi ad effetto ‘come se non ci fosse un domani’. Il Dottor House, specializzato nella risoluzione di casi impossibili, alla domanda su come far passare un banale raffreddore, ti risponderebbe con ogni probabilità “Non è mai lupus”, come se questa cosa c’avesse un senso.    

In questo preciso momento, per quanto mi riguarda, sono arci-sicuro che lo staff medico del Milan vorrebbe annoverare tra le proprie fila un Dottor House, magari non quello americano interpretato da Hugh Laurie, intossicato da farmaci per la maggior parte del tempo e privo di ogni moralità, ma un qualsiasi esperto capace di rispondere ad una domanda che sta diventando ancora più gettonata di: ‘Gli alieni esistono?’ o ‘Cosa c’è dopo la morte?’ o ancora ‘Che tintura usa Aldo Biscardi?’, ossia: ‘Che cosa ha Pato?’.    

Beh, per un attimo provo ad improvvisarmi anche io Dottor House (confesso che è il mio sogno da quando ero alto più o meno quanto sono alto ora) e parto dai fatti: Pato non sta bene, questo di per sè è abbastanza evidente, però nessuno ha mai vinto un Nobel senza aver acclarato perlomeno un’ovvietà. Dal gennaio del 2010, il ‘Papero’ rossonero ha rimediato intorno ai 14 infortuni muscolari, per alcuni il doppio dei 7 nani, due in più degli apostoli di Cristo ed all’incirca quanti un calciatore professionista in stato di salute decente ne accumula in un periodo di 5 o 6 anni.    

L’ultimo in ordine cronologico gli ha fatto salutare la stagione anzitempo. Contro il Barcellona, Pato è entrato, è rimasto in campo qualche giro di lancette di orologio per poi uscire nuovamente, più o meno come uno di quegli artisti internazionali che vanno a Sanremo pagati solo per 10 minuti di show e che al nono minuto e 59 secondi esatti salutano tutti, interrompono la canzone e vanno a battere cassa, sia mai che poi scatti il tassametro.   

Pato è stato ingaggiato con l’aspettativa di poter disputare (quasi) tutte le partite ma, come ormai è stato assodato nel corso delle ultime due stagioni, il suo fisico pare non farcela, ed ultimamente in campo ha dato un po’ a tutti l’impressione di un rachitico ad una gara di sollevamento pesi: i suoi muscoli non reggono il minimo sforzo, tanto da far dire al professor Jean Pierre Meersseman, un luminare belga che collabora da qualche anno con il Milan: “Come risolveremo definitivamente il problema della sua fragilità muscolare? È stato ovunque, dalla Germania all’America, stuoli di medici lo hanno visto e curato. Ho chiesto alla mia consigliera spirituale di pregare per lui”; pressappoco come se io chiedessi al mio commercialista di farmi una fattura e lui mi rispondesse: “Boh, chiederò al mio confessore di pregare affinché la Finanza non venga a bussarti a casa”.     

Dunque si scatena il toto-cause sui continui infortuni di Pato. Evitiamo di scadere nel volgare con le solite battutine maliziose da bar, Barbara Berlusconi non c’entra niente, altrimenti Boateng dovrebbe stare fuori ogni tre partite… No, ok, esempio sbagliato.    

La verità è che Pato è arrivato in Italia come un ragazzo di corporatura esile, al quale hanno poi costruito il fisico di un wrestler: Pato è Paperino nel corpo di John Cena. Se una volta era veloce e scattante come un leprotto, oggi appena accenna uno scatto si ferma nuovamente. Oltre al lato fisico, va considerato anche quello psicologico, aspetto fondamentale per eseguire al meglio il proprio lavoro, ed attualmente non brillante per il ragazzo, poiché è come proporre ad un impotente un tete-a-tete (con una T) con Adriana Lima: lui ci prova, accidenti se ci prova, ma niente.    

Al termine di questa lunga e seriosa analisi sorge spontanea una domanda che vorrei porre alla dirigenza del Milan: ma non era meglio venderlo al Paris Saint-Germain a gennaio? Che poi, si sa, lì in Francia l’aria è buona… Però a Pato non chiedeteglielo cosa gli succede, perchè di sicuro manco lui lo sa.