2012
Miccoli, quando il calcio diventa cinico
DI Gaia Gallenti
Giovanilismo, questo è il termine che si sta utilizzando per designare la psicologia odierna del calcio. Tutto sui giovani, contratti, spazi e regole. Sono facili da acquistare e da rinvestire quasi fossero pedine. Meno spazio hanno ormai i cosiddetti “vecchi”, quei giocatori che avranno una settantina di minuti nelle gambe, ma che nelle stesse racchiudono l’esperienza di anni spesi ad “imparare” il calcio. Un “vecchio” è anche Fabrizio Miccoli, con 76 reti è il miglior goleador di tutti i tempi con la maglia del Palermo, di cui è anche il miglior marcatore in Serie A con 69 reti. Con tre reti magiche, la prima su punizione, la seconda dopo una splendida serpentina e la terza personale con un pallonetto da 41 metri, ha firmato ieri la vittoria contro il Chievo con cui il Palermo si è rialzato dal fondo classifica. Un’occasione che gli ha permesso di lanciare dei messaggi precisi: “Non mi sta bene che da tre anni si dica che devo giocare gli ultimi venti minuti e non mi sta bene che queste cose le dica proprio Zamparini. La porta la vedo ancora bene, non sono un vecchietto con l’artrite. Il presidente, piuttosto, forse ha problemi di memoria. Sono gli allenatori che cambia ogni venti minuti…“. L’allenatore Gasperini lo aveva tenuto in panchina contro l’Atalanta ed il Pescara, forse una mancanza di fiducia o forse una sottostima legata a pregiudizi infondati che questo calcio alimenta. Noi “spettatori” non sapremo mai quale sia la vera motivazione. Quello che tutti possiamo valutare è che Miccoli, proprio questo “vecchio”, per il Palermo di ieri e per quello di oggi non è solo un giocatore, ma un simbolo.