Napoli, Raspadori: «Un calo dopo lo scudetto era fisiologico»
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Napoli, Raspadori: «Un calo dopo lo scudetto era fisiologico»

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Le parole di Giacomo Raspadori, attaccante del Napoli e della Nazionale, che si racconta a Walter Veltroni sulle colonne della Gazzetta

Il campo e non solo: Giacomo Raspadori, dalle colonne de La Gazzetta dello Sport, si racconta a 360° in una lunga intervista con Walter Veltroni. Di seguito alcune delle sue parole.

EUROPEO VINTO – «La presa di coscienza di dove ero arrivato, con tanta fatica e tanta passione. Alla prima convocazione, sono entrato in punta di piedi in un gruppo fantastico e abbiamo vinto. E poi, stando lì, ho capito che nulla è impossibile, ho capito che il lavoro, le giornate sotto la pioggia o il vento ad allenarsi, sono servite a raggiungere una vetta così alta. É stata un’emozione che vorrei rivivere presto».

NAPOLI – «Io spero di essere vissuto, anche dai miei compagni, come un leader silenzioso. Credo di portare positività, di riuscire a creare energia. A poco più di vent’anni i “senatori” del Sassuolo e il mister De Zerbi mi hanno dato la fascia da capitano. Forse perché unisco, non divido. Cerco di fare squadra, non navigo in solitaria».

COSA NON GLI PIACE DEL CALCIO MODERNO – «Gli aspetti mediatici, che possono portare a una instabilità in ragazzi come noi. Nel calcio si raggiunge tutto molto velocemente e se non si ha la fortuna di avere attorno persone che ti fanno rimanere collegato con la realtà, ti aiutano a non dimenticare da dove vieni, il rischio di perdersi è molto alto. Passi dal non essere riconosciuto ad avere fama e stare sui media, improvvisamente hai tanti soldi da spendere: se non gestito, tutto questo può portare dei ragazzi in situazioni di difficoltà».

PRIMO IMPATTO CON NAPOLI – «Sin da subito essere qui è stato un motivo di orgoglio. Mi avevano cercato Juve, Milan, Inter ma sono felice di giocare nel Napoli, anche per la storia
dei calciatori, vorrei ricordare solo Maradona e Juliano, che hanno indossato questa maglia. Io sono ambizioso e sapevo che questo era il luogo giusto: dopo il magnifico tempo trascorso al Sassuolo, avevo bisogno di uscire dalla mia comfort zone, di lottare per uno scudetto e nelle coppe internazionali. All’inizio è stato strano, ma qui c’è energia, si vive la gioia di vivere e si percepisce una passione per il calcio che è febbre e amore vero, collettivo, quotidiano. Sono felice, qui
».

SCUDETTO – «Lo scudetto era nell’aria, quell’energia ci sospingeva. La città fibrillava, e noi con lei. E’ stata una vittoria della squadra, dell’allenatore, della società. Ma anche di tutta la città: si percepiva un desiderio comune, un’attesa vissuta in ogni casa che poi è diventata gioia collettiva».

COSA NON VA QUESTA STAGIONE – «Non credo ci sia qualcosa di particolare. Penso sia fisiologico, dopo la vittoria dello scudetto. Non è un alibi, ma l’anno scorso è stato emotivamente dispendioso, non siamo abituati a vincere, non abbiamo sempre la cattiveria che discende da quella convinzione. Dobbiamo ritrovarla, ci stiamo lavorando. Siamo una grande squadra. Non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo mai».

L’ALLENATORE PIU’ IMPORTANTE – «Sono stato fortunatissimo, ho trovato sempre allenatori di alto livello, anche dal punto di vista umano. Se devo dirne uno, non posso che ricordare Roberto De Zerbi. Lui mi ha fatto esordire in A e mi ha sempre dimostrato una fiducia incondizionata. A un certo punto si pensava fosse giusto che andassi in prestito in Serie B. Lui si oppose,mi ha sempre voluto al centro dei suoi progetti. Con De Zerbi mi sono reso conto delle mie possibilità. Se non avessi incontrato uno come lui, il mio destino forse sarebbe stato differente».

A CHE GIOCATORI SI ISPIRA – «Aguero. Sia per caratteristiche fisiche che per modo di stare incampo. Poi Di Natale, Rooney, Tevez».

HA PARLATO CON FAGIOLI E TONALI – «No, non ho avuto modo. Ma sono due ragazzi di qualità umana, non solo calcistica, e ne usciranno presto e bene. Vale quello che dicevo prima: la velocità del successo può determinare varie reazioni, compresa la sensazione di non avere limiti, e può far perdere la strada anche aimigliori».

IL GOL CHE RICORDA CON PIU’ PIACERE – «Non ho dubbi: quello a San Siro con la Nazionale nella partita di Nations League contro l’Inghilterra. Anche perché allo stadio c’erano i miei genitori».