Palermo, Miccoli si racconta e parla del suo futuro - Calcio News 24
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2009

Palermo, Miccoli si racconta e parla del suo futuro

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Piedi d’oro, sguardo vispo, cuore giallorosso. Fabrizio Miccoli è un campione affermato e amato, ma prima ancora un salentino che non dimentica mai di esserlo, nonostante da 20 anni, parentesi casaranese dei tempi giovanili a parte, è in giro tra Italia ed Europa. “Del resto – spiega – sono le società  che ti scelgono e noi dobbiamo essere pronti ad accettare spostamenti continui. à? la vita del calciatore”. Una vita sui campi da gioco iniziata molto presto per il bomber tascabile che con la sua velocità  di gambe e la sua potenza di tiro fa girare la testa anche ai difensori e ai portieri tecnicamente più dotati. “In effetti “? racconta “? ho la sensazione di essere vissuto sin da bambino con il pallone tra i piedi. Anche se, a pensarci bene, non credo di aver fatto qualcosa di diverso rispetto agli altri ragazzini della mia età “.

Quando ha iniziato a giocare?

Ã?«A 5-6 anni ero già  scatenato, io come gli altri. Si usciva da scuola e nel pomeriggio tutti per strada a divertirci con il pallone e organizzare partitelle che spesso diventavano molto animate. Insomma, nessuno voleva perdereÃ?».

Bella esperienza di vita.

Ã?«In un certo senso sì. Poi mi sono iscritto alla Scuola di calcio in attività  a San Donato e ho iniziato ad apprendere i fondamentaliÃ?».


Come giocava?

Ã?«Mi davo da fare, ero sveglio e mi piaceva fare i giochini con il pallone, un po’ come Maradona, allora a Napoli, che era il mio idolo e del quale ero tifosissimo. Di Maradona mi piaceva il modo di giocare, ma anche la sua personalità , ribelle, un po’ anarchicaÃ?».


Chi ha buona memoria racconta che a dieci anni lei era già  un fenomeno. E’ proprio così?

Ã?«Non lo so. Certo è che a dodici anni lasciai il mio paese per andare a Milano, ero stato acquistato per dieci milioni di lire dalla società  rossonera. Un’esperienza importante tra i Giovanissimi del Diavolo, ma per me fu molto dura. Non ce la facevo a stare lontano da casa, la nostalgia era forte. In fondo ero un ragazzino, così preferii tornare nel SalentoÃ?».


Si dice che al suo ritorno il Lecce la bocciò, perchè, disse qualcuno, “quel ragazzo è troppo basso”, appena 1,68 centimetri di altezza. à? la verità ?

�«No, si tratta di una leggenda metropolitana�».


Addirittura?

Ã?«Guardi, prima di passare al Milan ero inquadrato nelle Giovanili del Lecce. à? un fatto che dimostra come non ci fosse stata nessuna preclusione. Una volta tornato, dopo l’esperienza in rossonero, ci fu una discussione tra i tecnici giallorossi e penso che nei miei confronti si siano comportati correttamenteÃ?».


In che senso?

Ã?«Mi dissero: qui ci sono tanti ragazzi, non possiamo garantirti che giocherai sempre. Se hai altre possibilità  valutaleÃ?».


Non è che i suoi ricordi si sono sbiaditi?

Ã?«Ma no, e poi perchè dovrei raccontare una bugiaÃ?».


Alla fine non le andò male, perchè riuscì ad approdare alla corte di Pantaleo Corvino, allora direttore sportivo del Casarano. Fu la sua fortuna.

Ã?«Esattamente. Dai 14 ai 17 anni giocai a Casarano. Tre anni splendidi, ricchi di soddisfazioni: gol, scudetto con la Berretti, esordio a 16 anni e a 17 anni intero campionato in C1. Fu un periodo straordinario, prima del trasferimento alla Ternana in B. Lì, ora posso dirlo, ritengo di aver perso un po’ del mio tempo. Avrei già  potuto e dovuto puntare alla serie AÃ?».


Nel 2002 c’è la Juventus e deve vedersela con un certo Luciano Moggi che, anche questo si racconta, non le voleva molto bene. Iniziò una lunga stagione di prestiti. Che ricordo ha di quel periodo?

Ã?«Al di là  di tutto, mi piace considerare importante l’esperienza in bianconero. Sui rapporti con Moggi si è detto e scritto di tutto, ma a me non piace guardare indietro. Se è successo qualcosa, è acqua passataÃ?».


Poi la svolta: due anni con la maglia del Benfica.

Ã?«E’ stato un periodo decisivo, quello della mia definitiva affermazione anche in campo internazionale. Quello portoghese, poi, è un altro calcio, più spettacolare, più tecnico, e il Benfica è una tra le società  più blasonate d’Europa. Mi sono trovato molto bene e a Lisbona ho lasciato tanti amiciÃ?».


Da quattro anni veste la maglia del Palermo, una città  del Sud, calorosa. Come si trova?

Ã?«Palermo è casa mia, è come se fosse Lecce, i compagni mi vogliono bene, sono il capitano della squadra, sono un simbolo. I palermitani mi trattano come uno di loro. Che cosa posso chiedere altroÃ?».


Non sono solo i palermitani a volerle bene. Lei è diventato cittadino onorario di Corleone, luogo simbolo per chi è impegnato nella lotta alla mafia. Com’è successo?

Ã?«à? una delle cose più belle che mi siano capitate. Considero un riconoscimento importante la cittadinanza onoraria, il segno di un legame profondo con la terra siciliana. Del resto, compatibilmente con i miei impegni agonistici, cerco sempre di restare in contatto con la società  e i suoi problemi. Spesso sono ospite di scuole, mi piace rispondere positivamente agli inviti e mi piace dialogare con i ragazzi. Lo considero un grande arricchimentoÃ?».


Palermo nel cuore. E l’idea di concludere la carriera a Lecce è finita nel cassetto?

Ã?«L’ho detto e lo ripeto: il mio sogno è stato sempre quello di indossare la maglia giallorossa. Naturalmente le situazioni cambiano e uno deve fare i conti con la realtà Ã?».


Allora, come vede il suo futuro?

Ã?«Intanto, ho altri due anni di contratto con il Palermo. à? possibile che il presidente Zamparini possa chiedermi di restare anche a carriera di calciatore conclusa e sarebbe una proposta che certamente non potrei non tenere in considerazione. Ma, ripeto, sono ragionamenti che è prematuro fare adesso. Ne riparleremo a tempo debitoÃ?».


Sulla gamba sinistra ha il tatuaggio di Ernesto Che Guevara. Come mai?

Ã?«à? un personaggio che mi attrae perchè è stato un rivoluzionario, uno che ha combattuto ed è morto per le sue idee e per difendere la povera genteÃ?».


Se un giovane le chiedesse un consiglio che cosa gli direbbe?

Ã?«Semplice: di impegnarsi con tutte le sue energie, ma anche di non avere paura dei suoi sogni. Più in generale, ai giovani dico di avere rispetto uno dell’altro. A volte si litiga, è normale, ma basta una bella parola, un abbraccio e tutto può tornare come primaÃ?».


Che cos’è per lei il Salento?

�«Le posso rispondere con una sola parola: tutto�».


Tutto?

Ã?«Sì, è il sole, il mare, la terra, la famiglia, gli amici. Poi, noi salentini abbiamo qualcosa dentro che ci lega uno all’altro e, anche se certe volte non ce ne rendiamo conto, si tratta di una ricchezza enormeÃ?».


Come trascorre il tempo libero?

Ã?«Me ne sto tranquillo a casa con la mia famiglia. A volte si esce con i bambini per fare una passeggiata o comprare qualche giocattolo. Tutto in relax, l’importante è stare insiemeÃ?».

Fonte | di Adelmo Gaetani per “Nuovo Quotidiano di Puglia.it”