2012
Una maledizione lunga due anni. E una società che non fa eccezioni
“La partita più importante della mia vita”, raccontava ieri Guidolin. Che nel post gara più amaro della sua vita rilascia soltanto una dichiarazione: “Non sono all’altezza di guidare una squadra in Champions League, l’ho sfiorata tante volte senza mai conquistarla”. Preliminari di Champions, una maledizione durata due anni, l’anno scorso manifestatasi contro la fortezza Arsenal – e ci può stare – e questa sera in favore dello Sporting Braga. Oggi fa male, fa più male perché sa di resa dei conti.
Il calcio sa essere maledetto: tutto avrebbe immaginato Guidolin tranne di uscire – ancora – dalla massima competizione europea per colpa di un “cucchiaio” di tal Maicosuel. “Chi è Maicosuel?”, si starà domandando il tecnico di Castelfranco Veneto, “cosa ho fatto per meritarmi ciò?”. Due anni di lavoro, di cura dei dettagli, di valorizzazione di talenti, di rinnovamenti difficili, di prestazioni strepitose, di momenti bui dai quali, grazie al meticoloso lavoro dell’allenatore, la squadra è sempre emersa con forza. Convincendo anche i più scettici che il bel calcio si può fare anche in un altro modo: da piccola realtà, che vende i migliori calciatori e scommette su perfetti sconosciuti tra i migliori giovani del panorama globale. Tutto vanificato in un attimo: in un cucchiaio di tal Maicosuel. Roba da matti, in effetti, e la retorica del giovane presuntuoso che tira un rigore in quel modo – come Totti e Pirlo – vale ma c’è anche dell’altro.
C’è dell’altro: c’è un allenatore tra i più validi del nostro torneo che ha il suo limite più grande nel rapporto con il rischio. Non vogliamo addentrarci in analisi che vadano a circoscrivere questi due ultimi – bellissimi – anni in casa Friuli: basta guardare a quanto accaduto stasera. Dopo l’ennesimo gran primo tempo, e l’ennesimo calo – crollo? – nella ripresa, la squadra ha perso metri di campo importanti contro una squadra che palleggiava agevolmente nella metà campo avversaria: all’Udinese restava il contropiede, magari con una pedina che potesse mantenere – per quanto possibile – la palla avanti. In panchina hai Luis Muriel: perché non mandarlo in campo? Perché? Sta male, si è detto. Noi, sabato scorso all’Artemio Franchi, francamente non ce ne siamo accorti.
E poi la società. In un editoriale di fine luglio, nel tracciare un bilancio provvisorio sull’operato delle società di punta del nostro campionato, imputammo all’Udinese l’errore di aver nuovamente smantellato un organico assolutamente competitivo rinunciando di fatto ad imporsi nel preliminare di Champions League e partecipare finalmente alla competizione più ambita. Il processo scoperta talento – valorizzazione – cessione con plusvalenza – scoperta nuovo talento è uno schema adottato con competenza magistrale dal club friulano ma che può avere valenza fino a questo livello. Non di più. Non per accedere alla coppa dei più grandi. E per una volta, francamente, ci sentiamo di affermare – gridare – che un’eccezione poteva esser fatta.